Appennika'98
(quasi un'introduzione allo stile "senza fretta") di Pio Renato Sbaffo


Fabriano, 25 aprile 1998


No, non sarei dovuto partire. A 46 anni avrei dovuto avere più giudizio. Mantenere il controllo della bici è una atroce sofferenza, a causa delle acute fitte di dolore al braccio ed al polso sinistro. Tutta colpa del calcetto e della mia ignoranza... calcistica, s'intende.

All'annuale partita aziendale me la stavo cavando benissimo a far il tifo dalla panchina, quando sono dovuto entrare in sostituzione del portiere infortunato. Neppure un minuto dopo, la mia squadra andava in gool riducendo per la seconda volta consecutiva lo svantaggio. Perdevamo 7 a 4, ma stavamo recuperando!

Euforico, mi sono attaccato alla traversa della porta gridando: "gool, gool...". Forse un po' troppo tardi, mi sono accorto che la traversa, alla quale ero aggrappato con la mano destra, stava venendo giù ed ho reagito spingendo disperatamente contro con la mano sinistra.

Fatal Error!!!

Non ho neppure sentito il botto sul pavimento. Quando qualche decina di secondi dopo mi sono riavuto, ero a terra e due ragazzi mi tamponavano con delle garze l'occhio destro sanguinante e mi sistemavano buste di ghiaccio attorno alla testa. Anche se un po' intontito volevo rialzarmi... Non me l'hanno assolutamente permesso.

Mi hanno tenuto disteso a terra e, quando ormai non sapevano più quale stupida domanda farmi, è finalmente arrivata l'ambulanza, poi... il pronto soccorso... punti di sutura alla zigomo destro... occhio destro illeso... raggi X nessuna frattura... contrattura all'ambraccio... ricovero in osservazione... TAC... niente di grave.

Solo il giorno dopo ho saputo che le porte di calcetto non vengono mai fissate a terra!

Ora, a parte le cicatrici che mi danno un po' fastidio all'angolo dell'occhio, ho grossi problemi al polso e all'avambraccio. Prudentemente, mi son piazzato sin dalla partenza da Fabriano in fondo al gruppo ed ho l'ambulanza che mi tallona.

Il via è stato dato a Collamato ed immediatamente ho visto un lungo e variopinto serpentone allungarsi sempre più, fino a diradarsi e sparire. Nel gruppetto, che ancora riesco a vedere un centinaio di metri più avanti, non c'è nessuno che farà il percorso lungo.

Salendo la prima rampetta, quella di Attiggio, ho già fatto un sondaggio alla ricerca di un aventuale compagno di viaggio. Niente da fare. Eppure la loro pedalata è molto buona e lentamente... mi stanno staccando.

L'ambulanza fa la spola fra il gruppetto e me. Mi sorpassa, lo raggiunge, mi aspetta e così via. Avrei anch'io voglia di raggiungerlo per fare in compagnia la prima parte, ma non devo ignorare i dati della mia "strumentazione di bordo": 162 battiti, 61 rpm, 20 km già percorsi. Per arrivare in fondo ai 118 km. so che devo evitare di stare a lungo oltre i 155 battiti. Inoltre so che, in salita, il mio miglior rendimento è attorno ai 60 rpm. La salita verso il valico della Morca è ancora lunga e debbo quindi abbassare il ritmo cardiaco riducendo lo sforzo, per cui aziono il cambio e già mi trovo ad utilizzare il 30x24. Qui la pendenza non è certamente superiore al 10%: evidentemente non sono nemmeno in buona giornata!

Una cosa però avvalora il mio voler partire ad ogni costo: è una splendida giornata di primavera, di quelle che capìtano sempre più di rado. Il sole è di un tepore fantastico. Salgo senza nemmeno sudare.

Arrivato in vetta, tiro su i manicotti, infilo sotto la maglietta il giornale (nel marsupio ho un giubbino antivento, ma non è il caso di usarlo) e mi "butto" in discesa solleticato da un'aria frizzantina che rigenera i polmoni.

Per riuscire a frenare son costretto ad assumere un posizione molto precaria. Meglio non rischiare ed andar giù piano. Una discesa interminabile!

Nel tratto pianeggiante fra Fiuminata e Bivio Ercole, riesco ad allungarmi fin sulle sommità delle leve freni e ad esprimere finalmente qualcosa di buono: oltre 30 km. orari con il 50x15 senza superare i 155 battiti.

Un breve tratto sterrato fra i containers mi ricorda del terremoto che ha colpito queste zone. Con tanti posti brutti che ci sono al mondo chissà perchè ha colpito proprio in questo piccolo angolo di paradiso? Ma a parte diverse aree containers, qualche tenda, roulotte e casetta prefabbricata non percepisco quella devastazione che la tv ha fin troppo spettacolarizzato.

Salgo fino a Campodonico e mi fermo al primo rifornimento. Il gruppetto che vedevo salendo verso La Morca sta ripartendo salvo uno, che indugia ancora incerto se mangiarsi un'altra crostatina o passare alla frutta: banane e mele.

Sorseggiando una bibita energetica e una paio di bicchieri di the scambio quattro chiacchiere con gli addetti al servizio.

"Che ore sono?" "Le 11:23"

Tiro fuori la mia tabella di marcia. "Dunque... dovevo essere qui alle 11:16. Ho 7 minuti di ritardo. Considerando l'inizio della "sfilata" davanti al tabellone dello Speed Pass elettronico siamo partiti in orario, ma tenuto conto che effettivamente ci siamo mossi almeno 10 minuti dopo, ne ho recuperati solo 3. Meglio ripartire subito. Ci vediamo...".

Prima di ogni gran fondo uso sempre studiare attentamente il percorso con tutte le sue pendenze e predispongo una tabella di marcia con le località più significative, le quote altimetriche e le pendenze medie. Poi per ogni tratto stimo la mia presumibile velocità media di percorrenza e calcolo l'ora di passaggio. Questo non significa che mi ostino a mantenere la velocità presunta se la "strumentazione di bordo" me lo sconsiglia, ma mi serve per aver dei punti di riferimento ed ottimizzare le mie performances!

Questa volta, in particolare, ho calcolato che, per essere certo di completare il percorso lungo entro le ore 15:00, devo arrivare al bivio Molinaccio alle 12:06. Lì è il punto di scelta. Arrivando più tardi è, per mia autodisciplina, tassativo rinunciare al lungo e ripiegare su quello corto.

Intanto, fra uno scorcio panoramico di rara nitidezza e qualche verifica matematica sull'andatura, arrivo quasi senza accorgermene al Valico di Serradica con un netto peggioramento sul tempo di passaggio previsto: ho 15 minuti di ritardo.

Non sono per nulla affaticato e mi seccherebbe dover rinunciare al giro lungo.

Dopo le prime due curve assai impegnative per il mio braccio, la discesa assume un bell'andamento quasi rettilineo. E' il momento di spingere a fondo sul limite del valore di soglia cardiaca. Continuo a spingere anche nell'impennata per Compodiegoli e per qualche minuto arrivo oltre i 170 battiti, ma non voglio perdere il buon ritmo per continuare a spingere sulla successiva discesa. So che, ogni tanto, un po' di sottosforzo posso permettermelo.

Sono le 12:11 quando arrivo al bivio e non ho esitazioni: percorso lungo!

Con una giornata così meravigliosa sarebbe proprio un delitto stare in bici nemmeno quattro ore ed, in fondo, se fossimo partiti in orario sarei passato addirittura in anticipo sulla tabella.

Ma ora devo rientrare alla frequenza ottimale e la salita di Rucce me la godo pian pianino. E' una strada fuori mano ed il traffico è nullo. Riesco persino a sentire il cinguettio degli uccelli, il sommesso rotolìo della catena ed il frusciare delle ruote sull'asfalto un po' corroso ma regolare. Non so più che fine abbia fatto l'ambulanza, ma so di essere sulla strada giusta sia per l'eccezionale cartellonistica approntata dall'organizzazione sia, purtroppo, per i contenitori vuoti dei tipici prodotti utilizzati da chi "va forte" sparsi ai bordi della strada.

Nessuno li raccoglierà e prima o poi finiranno in qualche corso d'acqua. Anche questo è inquinamento e mi fa veramente dispiacere considerare che è causato da chi va in bicicletta, mezzo di per sè altamente ecologico. E mi trovo a riflettere su come il ciclismo agostico sia inquinante. Ricordo una tappa della Tirreno-Adriatico con arrivo in circuto al mio paese, Osimo. Già al secondo giro le tante auto al seguito, forse una per ogni corridore, avevano appestato e annebbiato l'aria.

Dopo una breve discesa inizio a salire verso Bastia. Sento in lontananza, verso il basso, un confuso vociare. E' un gruppetto di ciclisti che mi sta raggiungendo.

Strano, credevo di essere l'ultimo, invece... Rallento per anticipare il ricongiungimento e fare un po' di strada in compagnia.

Fra una battuta scherzosa ed una frase seria, apprendo che hanno sbagliato strada nel tratto sterrato così han fatto molti chilometri in più. Mi invitano ad unirmi a loro, ma non posso permettermi il loro passo. Spariscono dietro una serie di curve e via via sento le loro voci perdersi in alto sempre più lontane.

All'attraversamento del piccolo abitato di Bastia trovo, ancora sul bordo della strada, degli occasionali spettatori, che mi incitano con la solita bugia: "Daii... sono a cento metri.. dopo la curva". Auguro a tutti "Buon 25 aprile!", ma continuo, forse deludendoli, con il mio passo tranquillo.

Poco dopo lancio un'ultima occhiata alla vallata ed al paese che sto lasciando alla mie spalle e svetto. Affronto la discesa con circospezione: il fondo stradale non è dei migliori.

Farsi male è un attimo, guarirsi è una lunga conquista.

Son passate più di tre settimane dal "fattaccio" del 1° aprile e, pur avendo ripreso il mio lavoro d'impiegato, sono ancora lontano dalla completa guarigione.

Finalmente arrivo al bivio con la SS.360 e giro a destra. La strada si allarga e si snoda in una vallata che si distende sempre più verso i lati dell'orizzonte. L'ottimo fondo stradale e un leggero vento a favore mi lanciano verso Sassoferrato, che oltrepasso di buona andatura.

Ho messo il 50x14 e spesso arrivo a quasi 40 km orari. Nonostante il rapportone riesco a tenere un bel ritmo attorno a 90 rpm: è il mio ritmo di miglior rendimento in pianura, ma con rapporti abitualmente più corti.

Mi sento proprio bene e sto forzando appena un po' oltre la soglia. Di fronte a me ora c'è una motagna che so di non dover valicare, perchè al successivo bivio girerò ancora a destra verso la Gola di Frasassi.

Sul fianco della montagna, in stridente contrasto con l'inteso verde della tipica vegetazione appenninica, vedo una lunga macchia bianca: sembra una nave! Davvero, non ho allucinazioni, e' proprio una nave.

Anzi, ora che sono più vicino, riesco a ben distinguere che è un fabbricato costruito a forma di nave. Un cartello indica "Ristorante La Nave". Penso che chi ha autorizzato una tale costruzione in quel luogo dovrebbe essere condannato ad abbatterla manualmente, mattone per mattone.

Qualche chilometro dopo mi raggiunge il furgone scopa con due addetti, molto solerti a tirar giù i cartelli, mostrarmeli al volo e raccoglierli nel furgone. Probabilmente raccoglierebbero volentieri anche me.

Nella frase "... ma lo fai tutto il giro?" percepisco anche la disponibilità a far finta di niente se, evitando la deviazione del G.P.M., puntassi subito verso Fabriano risparmiando oltre 13 km. ed una "bella" salita. Ma la mia risposta non li sorprende affatto: "Tutto... tutto, è adesso che viene il bello!"

Ecco il bivio di Genga dove c'è il secondo ristoro. Sono le ore 11:30. Ho persino un minutino d'anticipo sulla tabella di marcia. Caspita, sono andato veramente forte!

Mangiando crostata e bevendo sali minerali e the, posso anche scambiare quattro chiacchiere ed informarmi con più precisione sulle caratteristiche della salita seguente. Mi piace fare strade sconosciute, ma preferisco non essere mai preso di sorpresa.

Il furgone scopa è già pronto a ripartire:"Allora, ti aspettiamo in cima alla salita?"

"Si... si, con calma, senza fretta!"

Un guizzo mentale e il mio interlocutore visualizza il volantino che ho messo in distribuzione prima della partenza: "...e il Gruppo dov'è?"

"A casa. Per arrivare entro il tempo massimo, qui bisogna fare una media di 20 km/h. Il Gruppo va a 18. Non è voluto venire nessuno..."

Annoto mentalmente di farlo presente all'organizzazione per il prossimo anno e prima di ripartire verso Cerqueto, con furbesca decisione mi alleggerisco, lasciandogli il marsupio con la mantellina antivento e vuotando in un grosso vaso di fiori la seconda borraccia d'acqua.

Non sono per nulla stanco e so di aver previsto delle medie molto agevoli nei tratti finali in considerazione dell'accumularsi della fatica. Invece mi sono gestito molto bene, ormai sono certo di farcela.

Il cartello "inizio salita: 2.500 mt. - dislivello 230 mt." mi avverte che la rampa che sto per affrontare non termina dopo la curva. Metto subito il 30x24, ma non riesco a tenere il mio ritmo di salita. Mentre il cuore sale rapidamente a 165 battiti, il ritmo scende sotto le 40 rpm. Non ho altri rapporti e devo procedere così, rallentando ulteriormente verso la "minima velocità di sostentamento": 5,5 kmh!

La strada è stretta e l'asfalto è nero, perfetto. Sembra appena fatto ed ancora appiccicoso. I copertoncini, speciali per ridurre l'attrito, sembrano incollarsi.

C'è molto silenzio ed il cinguettio degli uccelli non riesce a coprire il "tam tam" del mio cuore che cala di ritmo, mentre al contrario riesco anche ad aumentare il ritmo di pedalata, ma solo nei punti dove la pendenza si addolcisce. La scritta a terra dei 500 mt.al G.P.M. mi coglie quasi di sorpresa, ma poi quella dei 200 non arriva mai.

Grattate dei cambi, respiri affannosi ed urla d'incitamento giungono alla mia mente attraverso l'immaginazione di come appena due ore fa i primi avranno lottato a denti stretti per la conquista del G.P.M.

Ora, al mio passaggio, sento solamente il gracchiare della radio del furgone scopa che aggiorna il radiocontrollo sulla mia posizione.

Lungo la discesa c'è molto ghiaino. Scendo con prudenza. Ho tempo e non ho nessuno motivo per rischiare una caduta.

Altrepasso Pierosara e la vista dall'alto dell'abitato di San Vittore mi fa rabbrividire: sembra di guardarlo dall'aereo. La strada diventa più larga e l'asfalto è molto migliore, posso affrontare con tutta sicurezza la serie di tornati ed "atterrare" senza problemi.

A San Vittore, il movimento automobilistico dei turisti, richiamati dalla straordinaria bellezza delle celebri Grotte di Frasassi, è un po' indisciplinato e devo frenare più di una volta il mio spedito procedere verso il bivio per Fabriano.

La strada si insinua nella stretta gola scavata dal fiume Sentino, che sento scorrere rumoroso, e lunghi tratti di strada sono già totalmente in ombra. Passo davanti alla Madonnina posta su di uno sperone di roccia e d'istinto formulo un pensiero di ringraziamento.

Sono pronto per l'ultima asperità: Collegiglioni. E' una salita che già conosco molto bene. Mi gestisco con cura fino alla doppia curva, poi quasi in apnea mi lancio verso lo scollinamento: 2 minuti a 90 rpm con il 30x21 (poco più di 14 km/h). E inizio la discesa già lanciato, ma senza fiato e con il cuore in gola: 182 battiti!

Lascio scorrere la bicicletta nelle prime curve, recuperando fiato, cambio sul 50x13 e... giù... senza esitazioni.

Sono solo le 14:56 quando taglio il traguardo fra gli applausi degli organizzatori e dei ciclisti in attesa della premiazione.

Vorrei alzare le braccia al cielo, ma mi trattengo, potrei offendere il primo. Sono 120° ed ultimo.

Nessuno lo sa, ma per me è una vittoria. Una vittoria contro la sfortuna. Una vittoria di caparbietà, metodo e determinazione.

Non sono affatto stanco e, se non fosse per le braccia entrambe doloranti, qualche altro chilometro lo farei volentieri. Quasi mi spiace scendere dalla bicicletta, mentre mia moglie, sempre prodiga e solerte, mi porge le scarpe di ricambio e mi toglie il numero ed il bracciale magnetico.

Decido di non fare la doccia, che l'organizzazione ha tenuto aperta apposta per me, tanto non sono per nulla sudato, e vado ad abbuffarmi al ristoro finale. C'è ancora tantissima roba, persino le fave.

"L'ultimo deve finire tutto" mi dicono scherzando gli addetti al furgone scopa, che finalmente possono "pranzare". Questa sarebbe un'impresa veramente impossibile!

Purtroppo, qualcuno ancora stravolto dalla fatica (per arrivare.. boh... novantesimo?) se ne sta disteso al sole senza riuscire a mangiare nulla. Questo modo di andare in bicicletta non lo capirò mai, è troppo lontano dal mio. Per me andare in bicicletta è un piacere, per cui più riesco a farlo durare a lungo e più sono soddisfatto.

A chiusura della premiazione, il Presidente dell'UDACE di ANCONA consegna un premio anche a me, che "tabellando accuratamente il percorso arriva sempre allo scadere del tempo massimo". E' vero, sono tre anni consecutivi che arrivo... ULTIMO!

Pio dei Senza Fretta


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