"Battesimo" del Gruppo ai Tre Passi Umbri
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Ripenso allo scorso anno quando completai in quasi totale solitudine il
percorso breve dei Tre Passi Umbri e sono certo che oggi sarà tutta
un'altra cosa. Perchè, noi del Gruppo dei Senza Fretta, arriveremo al
traguardo tutti insieme: chi ha aderito, ha accettato l'impegno di aspettare
chi rimane indietro ed, a sua volta, sa che sarà aspettato.
Sono più o meno le 7,30 e ci stiamo preparando alla partenza. Con me
c'è Guido Alessandrelli di Perugia, il primo in assoluto che ha
recepito il mio messaggio, ed è venuto qui a Spoleto per la sua prima
prova di fondo. Abbiamo fatto conoscenza da pochi minuti e già siamo
in ottima sintonia.
Squilla il telefonino: "Pio, sono in ritardo..." E' Carlo Tollo di Roma,
l'ultimo a contattarmi appena pochi giorni fa, ma istantaneo nel decidere di
affrontare l'ignoto.
Ore 8:07: partenza. Siamo in tre, opportunamente già disposti nelle
ultime posizioni. Il numero minimo per un gruppo. Si comincia sempre con un
minimo, l'importante è cominciare.
La prima salitella attraverso il centro di Spoleto (permettetemi dei
riferimenti culinari) è quasi un antipastino leggero con fettine di
prosciutto disposte ad onde e dei piccoli crostini di pavè. Non
facciamo a tempo a gustarcelo che è già finito.
Davanti a noi un gruppone ben più numeroso, diciamo circa 400
ciclisti, sta ricompattandosi lungo la statale, dopo l'attraversamento
della galleria.
Dal ciglio della strada Carlo mi riconosce, urla il mio nome, io urlo
il suo, mentre con abile tempismo s'incanala in scia. Non ci siamo mai visti,
ma gli ho dato dei riferimenti molto precisi: ultime posizioni, casco rosso
ed... un tartaruga di peluche sopra.
Quindi se vi capiterà di vederla, non è certo che sotto ci sia
io, ma se allargate lo sguardo, vi renderete conto che, anche se con maglie
di società diverse, gli aderenti al Gruppo sono tutti lì
sincronizzati sulla stessa andatura.
Tant'è che ora siamo in quattro. Scambio di presentazioni e cambio di
rapporto. Cominciamo a salire verso il 1° passo: il Passo della Spina.
E' il primo piatto che il menù odierno offre. Un solo primo per nulla
piccante, ma molto molto abbondante e con un po' di peperoncino aggiunto
proprio sul finire.
Quando, dietro un curva lontana, sparisce l'ultima bicicletta ci guardiamo
attorno e facciamo conoscenza con Federico, che è molto lieto di
"aggregarsi" a noi. Non c'è bisogno di alcuna formalità,
giusto qualche spiegazione e siamo già in perfetto accordo.
Così ora siamo in cinque. Improvvisando una scherzosa relazione
possiamo ben dire che il gruppo in meno di un'ora dalla partenza è
cresciuto del 67%.
Potremmo raddoppiare. Infatti fra noi e l'ambulanza c'è Dante, un
saggio settantacinquenne del C.T. Spoleto, che ben conoscendo la salita, sta
distribuendo con molta oculatezza le proprie energie.
Cominciamo a salire lungo le ampie curve del 2° passo: il Passo del
Soglio Un bel purè morbido, morbido, un contorno servito però
con troppo anticipo sul secondo piatto a menù.
Dante tiene ora un buon ritmo e Guido gli si accoda quasi a "controllarne la
fuga". Fuga annullata e valichiamo tutti insieme quota 850, per buttarci
giù in un'infinita e velocissima discesa verso Cerreto di Spoleto.
Sia nella strada, più volte semaforizzata a senso unico alternato,
sia tutt'attorno i segni del terremoto sono più che evidenti. E la
vista di Sellano mi fa stringere il cuore. Ricordo come lo scorso anno, pur
passando in velocità, l'avevo notato per come si presentava tutto
rimesso a nuovo e colorato.
Proprio a causa del terremoto, l'organizzazione ha modificato il percorso
eliminando il passaggio per la bellissima piazzetta di Cerreto di Spoleto,
per cui ci viene indicato di girare a destra.
Si va su, su, su verso Buggiano. E' il secondo piatto a menù, un
piatto forte: spezzatino di cervo completo di corna e quadrotti di polenta
arrostiti in graticola. Con il caldo che fa è proprio duro da mandar
giù.
C'è un ciclista con la maglia Olmo fermo in difficoltà,
probabilmente ha i crampi. Non fa alcun accenno a voler riprendere la strada
e lo lasciamo alla cura degli "angeli custodi" che ci seguono: un'ambulanza,
un furgoncino "scopa" per le bici, un pulmino "scopa" per i ritirati, mentre
un'auto con bandierine gialle è poco avanti a noi. Roba da non
credere: apre la strada... agli ultimi!
Federico, Guido e Dante spariscono nella stretta sequenza di curve avanti
a noi e Carlo si ferma a togliersi il giubbetto. Per attenderlo rallentiamo
zigzagando alla minima velocità di sostentamento, ma quando dopo un
paio di curve guardiamo indietro, lo vediamo salutarci dal pulmino.
Mentalmente ringrazio l'organizzazione per averlo raccolto anche se non
iscritto e: "Vai, Gianni, su a tutta!"
E' il momento di tirar fuori le barzellette. Ne abbiamo di tue tipi: quelle
lampo che ti danno una spinta breve, ma forte, e quelle estensibili che
possono essere allungate e spingerti dolcemente per lunghi tratti di salita.
L'abilità sta nel portarla a conclusione nel momento giusto.
"Un tizio si reca all'anagrafe.... Sportello INFORMAZIONI.... Fila
lunghissima.... Si mette in fila... aspetta... aspetta... E' molto agitato,
poi non ce la fa più... e passa avanti a tutti... L'impiegato:
"Signore, per favore... ritorni al suo posto... non può far
così.." "No, no, non posso aspettare... il mio è un caso
urgentissimo: devo cambiar nome"... "Tanti, vogliono cambiar nome ma
aspettano il loro turno..."..."Lo so, lo so, ma io lo devo cambiare subito...
Non ce la faccio proprio più. E' troppo ..." "Vabbè, come si
chiama?"... "Stronzo Mario"... "Uhm... capisco... Deve andare all'ufficio 3.""
E così di ufficio in ufficio ... "Stronzo Mario".."Ufficio 17"...
"Stronzo Mario"..."Ufficio PA: procedure accelerate".. al pari che di curva
in curva.
Infine Gianni, all'abbordo dell'ultima va a conclusione.
"Mi chiamo Stronzo Mario... Voglio cambiare nome... Non ne posso più
di girare in tondo, voglio parlare con il Direttore..." ... Il Direttore:
"Si renderà ben conto che per ... ricorrere direttamente alla mia
persona... dovrà aver un buon motivo..." "Certo, devo subito cambiare
nome."... "Come si chiama?... "Stronzo Mario"..."Accidenti... Capisco,
capisco. E come vuol chiamarsi?"... "Stronzo... Giuseppe".
Ancora ridendo arriviamo al ristoro, posto proprio fra le quattro case di
Buggiano. In poco meno di quattro chilometri siamo saliti da quota 395 a
quota 686. Niente male!
La gente ci guarda strano: forse è la prima volta che vedono qualcuno
uscire da quelle micidiali rampe ridendo o forse è la prima volta
che vedono una tartaruga di peluche in cima ad un casco da ciclista.
Guido e Federico stanno ancora rifocillandosi, mentre Dante già
riparte. Evidentemente preferisce la solitudine. Peccato, non lo
vedrò più neanche all'arrivo.
Intanto dal pulmino scopa scendono alcuni ritirati, hanno diritto di
ristorarsi anche loro, ma Carlo non c'è. Scopriamo che chi ci
salutava era un compagno di squadra di Giovanni. Ci rendiamo conto
dell'errore e non possiamo fare a meno di rammaricarci per non averlo
aspettato. Indugiamo a lungo fra bei quadrotti di crostata e spicchi di
mele a volontà. Non c'è il thè! E' proprio vero, a
volerlo cercare, in ogni cosa c'è sempre un neo, anche nelle migliori
organizzazioni.
Carlo ancora non arriva. Forse è tornato indietro al bivio ed ha
evitato la salita, riprendendo la strada del fondovalle o forse sta ancora
salendo. Forse è fermo per qualche problema o forse è
già più avanti, oltre Borgo Cerreto. Ormai ben ristorati,
non ha senso rimanere ancora lì. Guido e Federico ripartono. Giovanni
ed io giriamo indietro le biciclette.
Bastano due parole per far capire all'autista del furgone quello che
è successo. Giustamente, per lui chi è senza numero non conta
nulla, ma capisce pure che per noi non può essere così.
Con appropriata decisione ci fa girare di nuovo le biciclette e ci rassicura
che ci penserà lui.
Lasciamo tutta la "carovana" lì e ripartiamo lentamente,
interrogandoci a vicenda senza trovare altre soluzioni.
La discesa lunga, tortuosa e piena di giaino finalmente finisce. Siamo sul
fondovalle. Cominciamo a covare la speranza di ritrovare Carlo, già
ritrovato dagli altri, e proseguire di nuovo tutti insieme.
Arriviamo a Borgo Cerretto e, girando a destra, proseguiamo lungo la
Valnerina. La strada è ben scorrevole: innestiamo il 50 per
un'andatura sull'allegro andante quasi veloce.
Qualche chilometro dopo l'ambulanza ci raggiunge e ci affianca: "Il vostro
amico, quello senza numero, è stato raccolto dal pulmino". "Grazie!"
Che sollievo! Però, non me l'aspettavo. Non mi ero proprio accorto
che fosse in difficoltà.
"Chissà che fine han fatto Guido e Federico?" penso.
Di nuovo abbiamo tutta la "carovana" al seguito. Per una sosta tecnica (si
può dire così quando ci si ferma a far pipì?) devo
scegliere una curva ampia, di quelle dove ci sono i magazzini dell'ANAS,
in modo che ci sia posto per tutti!
Dal pulmino "scopa" scende Carlo, si fa scaricare la bicicletta e riparte
con noi.
Ci racconta che, salendo, soffriva un caldo terribile e non aveva saputo
resistere al richiamo di una fresca e zampillante fontanella. Dopo essersi
molto ben ristorato, a poca distanza dalla vetta l'avevano trovato quelli
della "carovana", che gli avevano tolto la bici di sotto e l'avevano fatto
salire sul pulmino, dicendogli: "Ti riportiamo dai tuoi amici." Così,
praticamente, aveva fatto la ripida salita in bici e la discesa... in auto!
Imbocchiamo la brusca rampa di Castel San Felice, per affrontare la prima
parte della salita che porta a Forca di Cerro. Come ultima portata del
menù del giorno questa dovrebbere essere la frutta, ma di quella dura,
tipo mandorle, anzi noci di cocco, con la loro scorza ruvida e corrosa come
l'asfalto di montagna.
Nel cielo non c'è neppure una nuvola e fa veramente caldo. La strada
è stretta e si inerpica lungo il fianco della montagna, con ampi
tratti coperti dagli alberi. Regoliamo l'andatura con il sole, nel senso che
nei passaggi ombrosi rallentiamo sin quasi a fermarci, ma tiriamo dritto nei
punti assolati. Possiamo vedere la strada a fondovalle che diventa sempre
più piccola sotto di noi. E' sempre di grande soddisfazione salire
ed avere visivamente il riscontro della strada già fatta sempre
più in basso e lontana.
All'ampio incrocio, dove termina il tratto più bello e più
duro, c'è un posto di controllo e Guido e Federico sono fermi ad
aspettarci. Ovviamente non hanno trovato Carlo. Guido è un po' in
difficoltà, probabilmente non si è ben regolato nel mangiare
ed ha forzato un po' troppo, ma si sta ben riprendendo.
Siamo di nuovo tutti insieme ed, appena Guido dà l'ok, riprendiamo
a salire verso il valico. La salita è molto più dolce e
regolare. Potrebbe essere il cosidetto "dulcis in fundo", ma qui non
c'è neppure un metro d'ombra ed il sole ci sta "cuocendo" a dovere.
Ad un curva, un ragazzo è pronto con una bottiglia d'acqua. Mentre
passiamo, ci schizza a mo' di doccia. Che frescura: un piacere
indescrivibile!
E' uno degli organizzatori, che precedendoci in auto, ci accompagnerà
per tutto il resto della salita fermandosi ogni cinquecento metri per
rincorrerci e bagnarci la testa. Un battesimo "sui generis" per il neonato
Gruppo dei Senza Fretta, ma tanto efficace quanto gradito.
Sono quasi le 13 ed il tempo massimo scadrà alle 13:30. Guido
è in apprensione, teme di arrivare fuori tempo. "Tranquillo, con
questo passo svalichiamo massimo fra dieci minuti, poi dieci chilometri
di discesa ce li beviamo in venti minuti, anche meno...
L'effetto di queste parole sorprende anche me, che le ho dette. "Stiriamo"
gli ultimi metri come i giocatori di carte fanno con il proprio mazzo.
Forca di Cerro, quota 733 mt, è raggiunta.
Prima di infilare la discesa, Federico chiede licenza di farla a modo suo.
Quando alle 13:27, Guido, Giovanni, Carlo ed io, in fila indiana tagliamo
il traguardo, lui è già arrivato da tempo e lancia l'applauso
unitamente agli organizzatori ed alla folla ancora presente.
Il resto poi è quasi routine: ritiro del Brevetto, pasta party,
scambio di battute e foto ricordo. Ci lasciamo veramente soddisfatti e con
un altro appuntamento già deciso: 24 maggio a Cesenatico, alla mitica
Nove Colli.
E lì, il Gruppo rinascerà e crescerà ancora.
Pio dei Senza Fretta
Poi arriva Giovanni Calestrini di Roma, detto semplicemente Gianni.
Per lui il discorso è diverso: siamo amici da molti anni e, da quando non abito
più a Roma, approfittiamo delle manifestazioni ciclistiche per tornare
a pedalare insieme.con immutato piacere. E' lui che a trent'anni mi ha fatto
riprendere la bicicletta e mi ha contagiato la passione per le prove di
fondo. Insieme abbiamo scoperto che ci si può "riposare" in salita,
chiacchierando e raccontando barzellette, così che lo scollinamento
diventa quasi un dispiacere.
Bivio a destra ed appena lasciata la statale, la strada prende a salire
dolcemente.
Si, proprio una tartaruga. Molti gruppi hanno una mascotte. Betta, la
tartaruga senza fretta, è la mascotte giusta per un gruppo come il
nostro. Ma di peluche, sia per la leggerezza sia perchè nessuna vera
tartaruga può essere condannata a stare ore ed ore legata in cima ad
un casco da ciclista.
Allo scollinamento a
quota 919 mt., nonostante ben 13 lunghi chilometri, siamo ancora tutti
insieme. Ci diamo mentalmente appuntamento in fondo alla discesa, che
affrontiamo ben distanziati. Federico dimostra subito di essere il più
veloce, mentre il ritardo di Dante ci permette persino di fare una sosta e
un veloce spuntino.
Non c'è che dire, un'organizzazione così non si trova
dappertutto!
Normalmente, infatti, si cerca di rimanere tutti a contatto visivo, ma
può anche accadere che qualcuno allunghi un po' di più.
Non è necessario, anzi a volte è anche pericoloso, fare branco
e procedere a stretto contatto di gomiti. Ciò che veramente conta
è non lasciar mai nessuno da solo e sapersi aspettare a vicenda.
"Ragazzi, rendiamoci conto che una volta arrivati in cima il giro in bici
è finito. Finish. Qualcuno non potrà riprendere la bici fino
a domenica prossima... Non so se mi spiego... "