"Battesimo"
del Gruppo ai
Tre Passi Umbri


Spoleto, 10 maggio 1998

Dopo l'arrivo - 34 kb



Ripenso allo scorso anno quando completai in quasi totale solitudine il percorso breve dei Tre Passi Umbri e sono certo che oggi sarà tutta un'altra cosa. Perchè, noi del Gruppo dei Senza Fretta, arriveremo al traguardo tutti insieme: chi ha aderito, ha accettato l'impegno di aspettare chi rimane indietro ed, a sua volta, sa che sarà aspettato.

Sono più o meno le 7,30 e ci stiamo preparando alla partenza. Con me c'è Guido Alessandrelli di Perugia, il primo in assoluto che ha recepito il mio messaggio, ed è venuto qui a Spoleto per la sua prima prova di fondo. Abbiamo fatto conoscenza da pochi minuti e già siamo in ottima sintonia.
Poi arriva Giovanni Calestrini di Roma, detto semplicemente Gianni.
Per lui il discorso è diverso: siamo amici da molti anni e, da quando non abito più a Roma, approfittiamo delle manifestazioni ciclistiche per tornare a pedalare insieme.con immutato piacere. E' lui che a trent'anni mi ha fatto riprendere la bicicletta e mi ha contagiato la passione per le prove di fondo. Insieme abbiamo scoperto che ci si può "riposare" in salita, chiacchierando e raccontando barzellette, così che lo scollinamento diventa quasi un dispiacere.

Squilla il telefonino: "Pio, sono in ritardo..." E' Carlo Tollo di Roma, l'ultimo a contattarmi appena pochi giorni fa, ma istantaneo nel decidere di affrontare l'ignoto.

Ore 8:07: partenza. Siamo in tre, opportunamente già disposti nelle ultime posizioni. Il numero minimo per un gruppo. Si comincia sempre con un minimo, l'importante è cominciare.

La prima salitella attraverso il centro di Spoleto (permettetemi dei riferimenti culinari) è quasi un antipastino leggero con fettine di prosciutto disposte ad onde e dei piccoli crostini di pavè. Non facciamo a tempo a gustarcelo che è già finito.

Davanti a noi un gruppone ben più numeroso, diciamo circa 400 ciclisti, sta ricompattandosi lungo la statale, dopo l'attraversamento della galleria.
Bivio a destra ed appena lasciata la statale, la strada prende a salire dolcemente.

Dal ciglio della strada Carlo mi riconosce, urla il mio nome, io urlo il suo, mentre con abile tempismo s'incanala in scia. Non ci siamo mai visti, ma gli ho dato dei riferimenti molto precisi: ultime posizioni, casco rosso ed... un tartaruga di peluche sopra.
Si, proprio una tartaruga. Molti gruppi hanno una mascotte. Betta, la tartaruga senza fretta, è la mascotte giusta per un gruppo come il nostro. Ma di peluche, sia per la leggerezza sia perchè nessuna vera tartaruga può essere condannata a stare ore ed ore legata in cima ad un casco da ciclista.

Quindi se vi capiterà di vederla, non è certo che sotto ci sia io, ma se allargate lo sguardo, vi renderete conto che, anche se con maglie di società diverse, gli aderenti al Gruppo sono tutti lì sincronizzati sulla stessa andatura.

Tant'è che ora siamo in quattro. Scambio di presentazioni e cambio di rapporto. Cominciamo a salire verso il 1° passo: il Passo della Spina.

E' il primo piatto che il menù odierno offre. Un solo primo per nulla piccante, ma molto molto abbondante e con un po' di peperoncino aggiunto proprio sul finire.

Quando, dietro un curva lontana, sparisce l'ultima bicicletta ci guardiamo attorno e facciamo conoscenza con Federico, che è molto lieto di "aggregarsi" a noi. Non c'è bisogno di alcuna formalità, giusto qualche spiegazione e siamo già in perfetto accordo. Così ora siamo in cinque. Improvvisando una scherzosa relazione possiamo ben dire che il gruppo in meno di un'ora dalla partenza è cresciuto del 67%.

Potremmo raddoppiare. Infatti fra noi e l'ambulanza c'è Dante, un saggio settantacinquenne del C.T. Spoleto, che ben conoscendo la salita, sta distribuendo con molta oculatezza le proprie energie.
Allo scollinamento a quota 919 mt., nonostante ben 13 lunghi chilometri, siamo ancora tutti insieme. Ci diamo mentalmente appuntamento in fondo alla discesa, che affrontiamo ben distanziati. Federico dimostra subito di essere il più veloce, mentre il ritardo di Dante ci permette persino di fare una sosta e un veloce spuntino.

Cominciamo a salire lungo le ampie curve del 2° passo: il Passo del Soglio Un bel purè morbido, morbido, un contorno servito però con troppo anticipo sul secondo piatto a menù.

Dante tiene ora un buon ritmo e Guido gli si accoda quasi a "controllarne la fuga". Fuga annullata e valichiamo tutti insieme quota 850, per buttarci giù in un'infinita e velocissima discesa verso Cerreto di Spoleto.

Sia nella strada, più volte semaforizzata a senso unico alternato, sia tutt'attorno i segni del terremoto sono più che evidenti. E la vista di Sellano mi fa stringere il cuore. Ricordo come lo scorso anno, pur passando in velocità, l'avevo notato per come si presentava tutto rimesso a nuovo e colorato.

Proprio a causa del terremoto, l'organizzazione ha modificato il percorso eliminando il passaggio per la bellissima piazzetta di Cerreto di Spoleto, per cui ci viene indicato di girare a destra.

Si va su, su, su verso Buggiano. E' il secondo piatto a menù, un piatto forte: spezzatino di cervo completo di corna e quadrotti di polenta arrostiti in graticola. Con il caldo che fa è proprio duro da mandar giù.

C'è un ciclista con la maglia Olmo fermo in difficoltà, probabilmente ha i crampi. Non fa alcun accenno a voler riprendere la strada e lo lasciamo alla cura degli "angeli custodi" che ci seguono: un'ambulanza, un furgoncino "scopa" per le bici, un pulmino "scopa" per i ritirati, mentre un'auto con bandierine gialle è poco avanti a noi. Roba da non credere: apre la strada... agli ultimi!
Non c'è che dire, un'organizzazione così non si trova dappertutto!

Federico, Guido e Dante spariscono nella stretta sequenza di curve avanti a noi e Carlo si ferma a togliersi il giubbetto. Per attenderlo rallentiamo zigzagando alla minima velocità di sostentamento, ma quando dopo un paio di curve guardiamo indietro, lo vediamo salutarci dal pulmino. Mentalmente ringrazio l'organizzazione per averlo raccolto anche se non iscritto e: "Vai, Gianni, su a tutta!"

E' il momento di tirar fuori le barzellette. Ne abbiamo di tue tipi: quelle lampo che ti danno una spinta breve, ma forte, e quelle estensibili che possono essere allungate e spingerti dolcemente per lunghi tratti di salita. L'abilità sta nel portarla a conclusione nel momento giusto.

"Un tizio si reca all'anagrafe.... Sportello INFORMAZIONI.... Fila lunghissima.... Si mette in fila... aspetta... aspetta... E' molto agitato, poi non ce la fa più... e passa avanti a tutti... L'impiegato: "Signore, per favore... ritorni al suo posto... non può far così.." "No, no, non posso aspettare... il mio è un caso urgentissimo: devo cambiar nome"... "Tanti, vogliono cambiar nome ma aspettano il loro turno..."..."Lo so, lo so, ma io lo devo cambiare subito... Non ce la faccio proprio più. E' troppo ..." "Vabbè, come si chiama?"... "Stronzo Mario"... "Uhm... capisco... Deve andare all'ufficio 3.""

E così di ufficio in ufficio ... "Stronzo Mario".."Ufficio 17"... "Stronzo Mario"..."Ufficio PA: procedure accelerate".. al pari che di curva in curva.

Infine Gianni, all'abbordo dell'ultima va a conclusione.

"Mi chiamo Stronzo Mario... Voglio cambiare nome... Non ne posso più di girare in tondo, voglio parlare con il Direttore..." ... Il Direttore: "Si renderà ben conto che per ... ricorrere direttamente alla mia persona... dovrà aver un buon motivo..." "Certo, devo subito cambiare nome."... "Come si chiama?... "Stronzo Mario"..."Accidenti... Capisco, capisco. E come vuol chiamarsi?"... "Stronzo... Giuseppe".

Ancora ridendo arriviamo al ristoro, posto proprio fra le quattro case di Buggiano. In poco meno di quattro chilometri siamo saliti da quota 395 a quota 686. Niente male!

La gente ci guarda strano: forse è la prima volta che vedono qualcuno uscire da quelle micidiali rampe ridendo o forse è la prima volta che vedono una tartaruga di peluche in cima ad un casco da ciclista.

Guido e Federico stanno ancora rifocillandosi, mentre Dante già riparte. Evidentemente preferisce la solitudine. Peccato, non lo vedrò più neanche all'arrivo.

Intanto dal pulmino scopa scendono alcuni ritirati, hanno diritto di ristorarsi anche loro, ma Carlo non c'è. Scopriamo che chi ci salutava era un compagno di squadra di Giovanni. Ci rendiamo conto dell'errore e non possiamo fare a meno di rammaricarci per non averlo aspettato. Indugiamo a lungo fra bei quadrotti di crostata e spicchi di mele a volontà. Non c'è il thè! E' proprio vero, a volerlo cercare, in ogni cosa c'è sempre un neo, anche nelle migliori organizzazioni.

Carlo ancora non arriva. Forse è tornato indietro al bivio ed ha evitato la salita, riprendendo la strada del fondovalle o forse sta ancora salendo. Forse è fermo per qualche problema o forse è già più avanti, oltre Borgo Cerreto. Ormai ben ristorati, non ha senso rimanere ancora lì. Guido e Federico ripartono. Giovanni ed io giriamo indietro le biciclette.

Bastano due parole per far capire all'autista del furgone quello che è successo. Giustamente, per lui chi è senza numero non conta nulla, ma capisce pure che per noi non può essere così.

Con appropriata decisione ci fa girare di nuovo le biciclette e ci rassicura che ci penserà lui.

Lasciamo tutta la "carovana" lì e ripartiamo lentamente, interrogandoci a vicenda senza trovare altre soluzioni.

La discesa lunga, tortuosa e piena di giaino finalmente finisce. Siamo sul fondovalle. Cominciamo a covare la speranza di ritrovare Carlo, già ritrovato dagli altri, e proseguire di nuovo tutti insieme.
Normalmente, infatti, si cerca di rimanere tutti a contatto visivo, ma può anche accadere che qualcuno allunghi un po' di più. Non è necessario, anzi a volte è anche pericoloso, fare branco e procedere a stretto contatto di gomiti. Ciò che veramente conta è non lasciar mai nessuno da solo e sapersi aspettare a vicenda.

Arriviamo a Borgo Cerretto e, girando a destra, proseguiamo lungo la Valnerina. La strada è ben scorrevole: innestiamo il 50 per un'andatura sull'allegro andante quasi veloce.

Qualche chilometro dopo l'ambulanza ci raggiunge e ci affianca: "Il vostro amico, quello senza numero, è stato raccolto dal pulmino". "Grazie!" Che sollievo! Però, non me l'aspettavo. Non mi ero proprio accorto che fosse in difficoltà.

"Chissà che fine han fatto Guido e Federico?" penso.

Di nuovo abbiamo tutta la "carovana" al seguito. Per una sosta tecnica (si può dire così quando ci si ferma a far pipì?) devo scegliere una curva ampia, di quelle dove ci sono i magazzini dell'ANAS, in modo che ci sia posto per tutti!

Dal pulmino "scopa" scende Carlo, si fa scaricare la bicicletta e riparte con noi.

Ci racconta che, salendo, soffriva un caldo terribile e non aveva saputo resistere al richiamo di una fresca e zampillante fontanella. Dopo essersi molto ben ristorato, a poca distanza dalla vetta l'avevano trovato quelli della "carovana", che gli avevano tolto la bici di sotto e l'avevano fatto salire sul pulmino, dicendogli: "Ti riportiamo dai tuoi amici." Così, praticamente, aveva fatto la ripida salita in bici e la discesa... in auto!

Imbocchiamo la brusca rampa di Castel San Felice, per affrontare la prima parte della salita che porta a Forca di Cerro. Come ultima portata del menù del giorno questa dovrebbere essere la frutta, ma di quella dura, tipo mandorle, anzi noci di cocco, con la loro scorza ruvida e corrosa come l'asfalto di montagna.

Nel cielo non c'è neppure una nuvola e fa veramente caldo. La strada è stretta e si inerpica lungo il fianco della montagna, con ampi tratti coperti dagli alberi. Regoliamo l'andatura con il sole, nel senso che nei passaggi ombrosi rallentiamo sin quasi a fermarci, ma tiriamo dritto nei punti assolati. Possiamo vedere la strada a fondovalle che diventa sempre più piccola sotto di noi. E' sempre di grande soddisfazione salire ed avere visivamente il riscontro della strada già fatta sempre più in basso e lontana.

All'ampio incrocio, dove termina il tratto più bello e più duro, c'è un posto di controllo e Guido e Federico sono fermi ad aspettarci. Ovviamente non hanno trovato Carlo. Guido è un po' in difficoltà, probabilmente non si è ben regolato nel mangiare ed ha forzato un po' troppo, ma si sta ben riprendendo.

Siamo di nuovo tutti insieme ed, appena Guido dà l'ok, riprendiamo a salire verso il valico. La salita è molto più dolce e regolare. Potrebbe essere il cosidetto "dulcis in fundo", ma qui non c'è neppure un metro d'ombra ed il sole ci sta "cuocendo" a dovere.

Ad un curva, un ragazzo è pronto con una bottiglia d'acqua. Mentre passiamo, ci schizza a mo' di doccia. Che frescura: un piacere indescrivibile!

E' uno degli organizzatori, che precedendoci in auto, ci accompagnerà per tutto il resto della salita fermandosi ogni cinquecento metri per rincorrerci e bagnarci la testa. Un battesimo "sui generis" per il neonato Gruppo dei Senza Fretta, ma tanto efficace quanto gradito.

Sono quasi le 13 ed il tempo massimo scadrà alle 13:30. Guido è in apprensione, teme di arrivare fuori tempo. "Tranquillo, con questo passo svalichiamo massimo fra dieci minuti, poi dieci chilometri di discesa ce li beviamo in venti minuti, anche meno...
"Ragazzi, rendiamoci conto che una volta arrivati in cima il giro in bici è finito. Finish. Qualcuno non potrà riprendere la bici fino a domenica prossima... Non so se mi spiego... "

L'effetto di queste parole sorprende anche me, che le ho dette. "Stiriamo" gli ultimi metri come i giocatori di carte fanno con il proprio mazzo. Forca di Cerro, quota 733 mt, è raggiunta.

Prima di infilare la discesa, Federico chiede licenza di farla a modo suo. Quando alle 13:27, Guido, Giovanni, Carlo ed io, in fila indiana tagliamo il traguardo, lui è già arrivato da tempo e lancia l'applauso unitamente agli organizzatori ed alla folla ancora presente.

Il resto poi è quasi routine: ritiro del Brevetto, pasta party, scambio di battute e foto ricordo. Ci lasciamo veramente soddisfatti e con un altro appuntamento già deciso: 24 maggio a Cesenatico, alla mitica Nove Colli.

E lì, il Gruppo rinascerà e crescerà ancora.

Pio dei Senza Fretta



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