IL SENTIMENTO DELLA BICICLETTA -
	                 Lettera del 2/8/99 a Cicloturismo        
        
Gentile Redazione,
Non conosco nè Francesca Rotondi, nè Roberto Giustini, nè Roberto Maggi, ma permettetemi di inserirmi in un argomento che sia a me che al mio Gruppo dei Senza Fretta sta ovviamente molto a cuore.

Comprendo perfettamente i pensieri espressi da Francesca, per averli vissuti in prima persona e conosco solo la coda delle granfondo, quella dove viaggiano ciclisti alla deriva per aver forzato oltre i propri limiti e dove viaggiamo noi, tranquillamente, apprezzando il paesaggio, l'incontro con la gente e l'acqua fresca di una sorgente.
Invece, a proposito dell'invito di riconoscere i propri limiti, non sono per nulla d'accordo con Roberto Giustini che tra le righe accetta l'idea semplicistica degli organizzatori: i percorsi medi e corti per chi va piano, i lunghi per chi può farcela a mantenere il ritmo esasperato che ormai caratterizza una Granfondo. Così si arriva tutti assieme e tutti sono contenti.
Non è così, al giusto passo, senza sforzi sovrumani, ma con una accorta distribuzione delle energie, anche i percorsi lunghi sono alla portata di molti, di tanti che invece rinunciano. Purchè il tempo non diventi tiranno e non si rimanga soli a macinare chilometri su chilometri.

Ma la molla che mi ha spinto ad intervenire è stato lo sguardo al futuro di Roberto Maggi, che dopo aver dato una valutazione delle granfondo realistica e condivisibile, ha "sparato" un'ipotesi che più che altro considero una provocazione: Nove Colli in due giorni, il sabato per i cicloturisti e la domenica per i cicloamatori.

Mi permetto far notare che, innanzi tutto, sono sbagliati i giorni. I cicloamatori ammessi a tale gara sarebbero quelli che sono cicloamatori di professione, per i quali ogni giorno è di attività ciclistica, diversamente dai cicloturisti che nel corso della settimana hanno attività ben diverse. Dover lasciare il lavoro il venerdì, se non il giovedì, per partecipare ad una granfondo il sabato impedirebbe di fatto a molti di partecipare.
Anche scambiando i giorni, dubito che le società organizzatrici abbiano risorse di volontari tali da coprire ben due giorni di mobilitazione ed impegno.
Non ultimo il discorso del traffico. Anche se con strade aperte al traffico, una moltitudine di biciclette crea sempre grossi problemi agli automobilisti, non da meno le chiusure per il passaggio di gare. Distribuire tutto ciò in due giorni significa più o meno raddoppiare i disagi ed i pericoli.

Mi auguro perciò che il futuro sia veramente diverso da come lo vede Roberto Maggi e che entrambe le manifestazioni continuino a convivere in un unico giorno, ma con modalità diverse. Ad esempio: partenza alla francese di buon mattino per i cicloturisti e partenza verso mezzogiorno dei cicloamatori "selezionati" per la gara. Qualora i cicloturisti venissero raggiunti dalla gara, questi sarebbero già talmente frazionati (la partenza alla francese crea già un naturale frazionamento) da non costituire alcun problema. Son certo che tutti troverebbero bello fermarsi e per un po' trasformarsi in spettatori, così come tanti cicloturisti già fanno per il passaggio del Giro d'Italia.

Cordialmente.

Pio Renato Sbaffo

(lettera pubblicata a pag.40 del numero di nov.99)
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