Gentile Redazione,
Non conosco nè Francesca Rotondi, nè Roberto Giustini,
nè Roberto Maggi, ma permettetemi di inserirmi in un argomento che
sia a me che al mio Gruppo dei Senza Fretta sta ovviamente molto a cuore.
Comprendo perfettamente i pensieri espressi da Francesca, per averli vissuti
in prima persona e conosco solo la coda delle granfondo, quella dove
viaggiano ciclisti alla deriva per aver forzato oltre i propri limiti e dove
viaggiamo noi, tranquillamente, apprezzando il paesaggio, l'incontro con la
gente e l'acqua fresca di una sorgente.
Invece, a proposito dell'invito di riconoscere i propri limiti, non sono per
nulla d'accordo con Roberto Giustini che tra le righe accetta l'idea
semplicistica degli organizzatori: i percorsi medi e corti per chi va piano,
i lunghi per chi può farcela a mantenere il ritmo esasperato che
ormai caratterizza una Granfondo. Così si arriva tutti assieme e
tutti sono contenti.
Non è così, al giusto passo, senza sforzi sovrumani, ma con
una accorta distribuzione delle energie, anche i percorsi lunghi sono alla
portata di molti, di tanti che invece rinunciano. Purchè il tempo
non diventi tiranno e non si rimanga soli a macinare chilometri su
chilometri.
Ma la molla che mi ha spinto ad intervenire è stato lo sguardo al
futuro di Roberto Maggi, che dopo aver dato una valutazione delle granfondo
realistica e condivisibile, ha "sparato" un'ipotesi che più che altro
considero una provocazione: Nove Colli in due giorni, il sabato per i
cicloturisti e la domenica per i cicloamatori.
Mi permetto far notare che, innanzi tutto, sono sbagliati i giorni. I
cicloamatori ammessi a tale gara sarebbero quelli che sono cicloamatori di
professione, per i quali ogni giorno è di attività ciclistica,
diversamente dai cicloturisti che nel corso della settimana hanno
attività ben diverse. Dover lasciare il lavoro il venerdì, se
non il giovedì, per partecipare ad una granfondo il sabato
impedirebbe di fatto a molti di partecipare.
Anche scambiando i giorni, dubito che le società organizzatrici
abbiano risorse di volontari tali da coprire ben due giorni di mobilitazione
ed impegno.
Non ultimo il discorso del traffico. Anche se con strade aperte al traffico,
una moltitudine di biciclette crea sempre grossi problemi agli automobilisti,
non da meno le chiusure per il passaggio di gare. Distribuire tutto ciò
in due giorni significa più o meno raddoppiare i disagi ed i pericoli.
Mi auguro perciò che il futuro sia veramente diverso da come lo vede
Roberto Maggi e che entrambe le manifestazioni continuino a convivere in un
unico giorno, ma con modalità diverse. Ad esempio: partenza alla
francese di buon mattino per i cicloturisti e partenza verso mezzogiorno
dei cicloamatori "selezionati" per la gara. Qualora i cicloturisti
venissero raggiunti dalla gara, questi sarebbero già talmente
frazionati (la partenza alla francese crea già un naturale
frazionamento) da non costituire alcun problema. Son certo che tutti
troverebbero bello fermarsi e per un po' trasformarsi in spettatori,
così come tanti cicloturisti già fanno per il passaggio del
Giro d'Italia.
Cordialmente.
Pio Renato Sbaffo