La mia Colnago viaggia tranquilla sul tetto della Twingo gialla del coordinatore
dei Senza Fretta.
All'interno, non so come, ci stiamo in tre più la bici di Pio,
"sezionata" in modo sapiente al fine di sfruttare al massimo lo
spazio disponibile.
Forse Anna starà un po' sacrificata sul sedile posteriore, ma il
tragitto è abbastanza breve.
Mi sento stranamente in forma anche se ho sempre quella specie di tremarella
che mi pervade prima di ogni Gran Fondo. Nel mio corpo si agita di tanto in
tanto qualche scarica di adrenalina, quando penso al percorso tutt'altro che
pianeggiante.
Quest'anno il mio allenamento non è stato dei migliori, anzi, potrei
dire che non c'è stato proprio e questo mi impaurisce oltremodo.
Comunque sia, so che potrò contare sulla pazienza e sull'aiuto
incondizionato di Pio che certamente mi aspetterà.
E' il Senza Fretta per antonomasia e non si smentisce mai: quello che dice
di pensare lo applica sempre e puntualmente si ritrova ad aspettare chi si
attarda.
Nei pressi di Castelplanio il cielo grigio ci scarica sopra un po' di
pioggerellina che bagna appena il vetro dell'auto. "Sembra più
che altro nebbia", dice Anna. Ed in effetti è così visto
che smette subito.
A Fabriano il tempo non è per nulla bello, ma siamo quasi i primi ad
arrivare e confido nel periodo di attesa dal quale avrò le
informazioni necessarie per vestirmi in maniera adeguata.
"Vado a fare l'iscrizione!" Ma, per prima cosa usufruisco della
toilette, perché presumo che presto sarà fatta oggetto di
interessamento da parte di molti ciclisti e non vorrei trovarmi a fare la
fila.
Subito dopo mi iscrivo e mi vesto.
Applico il numero di gara sulla maglia della società a cui appartengo,
ma non sono convinto di partire in maniche corte. Infatti, di lì a
poco inizia a piovere leggermente cosicché sopra la maglia mi metto
un giubbino leggero che dovrà ripararmi anche dall'aria frizzantina
che giunge dal vicino Appennino.
Nella tasca posteriore della maglia metto il K-way, mentre il resto della
dotazione logistica lo colloco nella borsa-manubrio.
Solo oggi mi sono accorto della grande capienza di tale accessorio che
però mi porta a compiere il primo errore della giornata.
Essendo un Senza Fretta DOC, conosco l'andamento delle Gran Fondo e so che
spesso, quando arriviamo noi ultimi, i ristori sono stati già
"depredati", così metto nella borsa tre succhi di frutta
in brik, alcune merendine, tre tavolette di carboidrati, ecc., ecc.,
rendendola pesante come una busta del supermarket.
"Che mi importa, tanto ho la tripla guarnitura che mi consente di
arrampicarmi anche sui muri!", pensavo.
Costretto, per impegno di società ad indossare la divisa del mio
team, ho voluto munirmi di un distintivo di riconoscimento: una bandierina,
confezionata giorni prima, da applicare sul caschetto protettivo.
Mi guardano tutti ed ognuno si sforza di leggere quella scritta che sventola
di quà e di là.
"Seenza Freeetta, scusami ma non leggevo bene cosa c'era scritto!
Ah sì, sei dei Senza Fretta anche tu? Ho letto i vostri articoli
sui giornali, ma io preferisco andare a tutta!".
Guardo l'orologio, manca poco alle 9.00. Anna ci fa mettere in posa per la
foto di rito. Sarebbe stato interessante farne una anche all'arrivo per
confrontarle successivamente.
Lo speaker annuncia la partenza e così ci apprestiamo a farci
"censire" dallo speed-pass che sarà l'inesorabile giudice
della prestazione.
Pronti, via! Alle 9.15 si parte. Davanti c'è la macchina che frena
i più esuberanti, quelli che vorrebbero scattare subito.
Non piove, ma tengo l'impermeabile a portata di mano perché il cielo
è minaccioso.
Cerco di ascoltare la mia bici per capire come stà, se ha degli
scricchiolii. Provo a fare qualche cambio di rapporto e vedo che la catena
risponde bene.
"Speriamo di non forare", per non sottrarre tempo prezioso alla
tabella di marcia!
Al semaforo a sinistra. Caspita che strappetto questa salita, sembrava
più facile! Guardo il cardiofrequenziometro e mi accorgo di essere
già al valore di soglia. Devo sedermi e alleggerire.
Io sono un "diesel" e queste sparate iniziali mi affossano.
"Dov'è Pio?" Ah, è lì davanti con Stefano
e Vincenzo.
Non voglio pensare alla strada, così mi concentro sui miei amici.
Pio è il mio grande Amico. Senza i suoi consigli, i suoi incitamenti
non sarei riuscito a terminare sano e salvo nessuna Gran Fondo dello scorso
anno, anzi, dopo la prima, probabilmente, sarei restato a casa.
Invece grazie a lui ho scoperto un modo nuovo di andare in bicicletta.
Prima pensavo solo alla strada, adesso riesco a guardarmi anche intorno e
vedere ciò che c'è di bello nella nostra amata Italia.
Stefano. E' un uomo veramente simpatico. Un altro Senza Fretta DOC che
è capace di far entrare due biciclette in una cinquecento sfruttando
ogni centimetro a disposizione e lasciando posto per le persone. Inoltre,
Stefano è un ottimo meccanico che non tollera rumori di sorta nella
specialissima. Non è infrequente vederlo fermarsi per regolare o
testare la propria bici.
Ultimo, ma non ultimo, il taciturno Vincenzo (solo per differenziarlo dal
logorroico Pio), privato, ma solo per l'occasione, della sua
"controfigura" Enrico (fratello gemello). Imperterrito, macinerà
con noi i 118 km che ci dividono dal traguardo di Fabriano.
Vicino a loro, io che non indosso la mitica maglia dei Senza Fretta mi sento
un po' a disagio, ma la mia bandierina mi accomuna a loro (almeno per il
momento...).
Le discese si avvicendano alle salite che sono, per me, terribili.
Quasi subito affiorano i miei ritardi di preparazione (secondo problema)
che fanno battere il mio cuore sempre sul filo della soglia.
So benissimo che il mio fisico sta lottando contro l'acido lattico e che non
riuscirà a smaltirlo totalmente cosicché mi ritroverò
ben presto stanco ed oltremodo affaticato.
Cerco di alimentarmi con cura, ma il freddo delle discese contribuisce ad
affievolire quel lumicino di forze restanti.
Non riesco ad andare giù neanche in discesa. Sono stanco, spossato!
Sulla bici è già da tempo che non cambio più e mantengo
il minimo rapporto disponibile (30x25).
"Quanto sono dure le mie gambe!".
Passiamo nei paesi colpiti oltre un anno fa dal terremoto. Nei volti degli
abitanti c'é ancora traccia delle notti insonni passate all'addiaccio.
I panni stesi ad asciugare davanti ai container mi dicono che c'è
ancora gente che ancora vive dentro essi.
"Cosa? Si deve percorrere un tratto sterrato? Sì, perché
non si sa chi deve asfaltare questa strada!" Con la pioggia è
come viaggiare su una saponetta. Il tratto è breve, ma serve a farci
sporcare la bici.
Guardo davanti a me, non so dove mi trovo, vedo una nave in mezzo alla
montagna. Probabilmente è un ristorante. La vedo in lontananza
ma poi quando sono vicino non ci faccio più caso, tanto sono stanco.
Forse era un miraggio!
Genga. Dopo il ristoro c'è una salita difficile. Gli organizzatori
dicono che è molto dura, ma io penso di farcela con il mio passo
lento ed offuscato.
Sul primo tratto di pendenza elevata iniziano i crampi sulla gamba destra.
Mi fermo, cerco di distendere il muscolo che mi provoca un dolore lancinante.
Grazie a Dio ci riesco e risalgo in sella.
La fermata mi ha appesantito ed ora tutto mi sembra più difficile.
Speriamo che non arrivi il camion-scopa altrimenti sarò costretto
a dare forfait.
Procedo a velocità bassissima e senza alzarmi sui pedali nonostante
ne senta la necessità, se non altro per cambiare il ritmo.
A m. 100 controllo Speed-pass, dice un cartello, ma di Pretelli non vi
è traccia. Guardo l'orologio e capisco perché: siamo quasi
un'ora fuori tempo massimo.
Superato l'ostacolo, scendiamo verso le Grotte di Frasassi, le oltrepassiamo
e ci apprestiamo ad affrontare l'ultima "erta": Collegiglioni.
Penso: "ormai è finita, manca solo l'ultimo sforzo!".
Stefano mi passa un sorso del suo ottimo ed immancabile caffè che
serba per i momenti più "hard" del percorso.
Per un attimo mi sento meglio, poi ci pensa la salita a farmi risvegliare.
"Quanto manca, Pio?". "Ancora un po'. Dai che puoi farcela!
Non pensavo che saresti arrivato qui! Su, stringi i denti".
Sì, i denti non mi fanno male, ma sono gli unici. Le mie gambe non
ci sono più. I crampi me le hanno distrutte. Soffro dolori atroci
che non auguro a nessuno. Il mio sovrappeso (terzo problema)
è determinante nelle ascese.
"Pio, dimmi che è finita la salita".
"Norberto, ci sono altri due tornanti che sono rasoiate!.
Non posso mentirti. Superiamoli ed è: fatta".
Con immensa fatica riesco a superarli.
Inizia la discesa. Adesso il cuore batte forte, ma per l'emozione.
Riesco a malapena a ricacciare dentro quelle lacrime che serbo per questi
momenti di gioia e per quando a casa rivedo le cassette delle imprese di
Coppi.
Peccato che all'arrivo assieme ad Anna non ci sia Monia, mia moglie ad
aspettarmi, ma i nostri due piccoli eredi non le hanno permesso di muoversi
(una di 3,5 anni e l'altro di 4 mesi!).
Sono le 16 quando in lontananza scorgo la figura del palasport di Fabriano.
Strano ma vero, c'é ancora Pretelli che ci aspetta, per regalarci
la soddisfazione dell'ultimo "beep"
Passo con noncuranza davanti al controllo e mi sembra quasi che il "beep"
emesso dalla macchina abbia un tono arrabbiato, visto il nostro ritardo.
Non ho avuto il coraggio di chiedere a Pio di lasciarmi arrivare ultimo,
poiché quella è una sua prerogativa, a conferma che
"missione" di aspettare chi rimane indietro ed aiutare chi è
in difficoltà è stata compiuta.
Non ho neanche chiesto scusa a Stefano e Vincenzo del ritardo che ho fatto
accumulare loro, ma ero troppo felice di essere arrivato alla fine.
Il ricordo di quei momenti è frutto di una mente offuscata dalla
fatica che a volte non connette più. Ricordo solo gli organizzatori
che mi dicevano bravo ed io che li ringraziavo perché non capivo
tale complimento.
Mi sono tuffato sui panini imbottiti del ristoro finale e mi sono concentrato
sullo stretching per ridare un po' di vitalità ai miei provati muscoli.
Debbo ringraziare tante persone. Per primo Dio, perché senza di Lui
non posso fare nulla, poi l'organizzazione che non solo ci ha aspettato ma
ci ha anche chiesto di ritornare l'anno prossimo; i miei compagni di viaggio
Stefano e Vincenzo che hanno avuto con me tanta pazienza; Anna che ha dovuto
attendere oltre il previsto il marito a causa del ritardo che gli ho fatto
accumulare io; mia moglie Monia che non si è arrabbiata affatto
nonostante fossi stato via tutta la domenica ed infine lui, Pio, che mi ha
permesso di terminare la prova. Non riuscirò mai a ringraziarlo
abbastanza. Con le sue parole, i suoi consigli, i suoi incitamenti, i suoi
"dai che è fatta!" mi ha aiutato, è entrato nelle
mie gambe ed ha trasfuso un po' della sua forza in me. Bisogna vivere
una Gran Fondo nelle mie condizioni per capire che cos'è il
GRUPPO dei SENZA FRETTA.
E' più che l'andar semplicemente piano, è una società
di mutuo soccorso (anche se per questa volta il soccorso è stato a
senso unico verso di me!) che non ti abbandona mai.
Forse sono riuscito a rendere l'idea, ma il concetto che ti sei fatto di
noi Senza Fretta non è solo questo.
E' molto di più. |