Tre Passi Umbri: 118 km., oltre 2400 mt. di dislivello e solo 6 ore di tempo massimo,
decisamente insufficienti. Niente da fare. Un ripensamento ed allultimo momento
contatto gli organizzatori. "Unora in più? Nessun problema, prendetevi il
tempo che vi serve. Forse non sarete classificati, ma lassistenza non vi
abbandonerà."
Nonostante una frenetica attività di contatti,
alla partenza son solo e nemmeno in gran forma. Non ho digerito la cena e salire verso il
1° Passo, la Spina, occhio al cardio- frequenzimetro, cercando di completare la
digestione, non è per niente facile. Sulle più facili pendenze del Soglio riesco a
mangiare un paio di tocchetti di parmigiano preparati "in extremis" da mia
moglie ed a tenere il passo degli ultimi. Si arriva tutti insieme al ristoro di Cerreto di
Spoleto e sono un po affamato. Buon segno, ma non del tutto. Per questo, mentre loro
già ripartono per il giro corto, mi attardo a far colazione, cercando il difficile
equilibrio fra non creare altri problemi di digestione e non lasciare comunque lo stomaco
completamente vuoto.
Ecco il bivio: non ho
dubbi e svolto per Passo Gavelli, ignorando garbatamente il "suggerimento" verso
il giro corto delladdetto allincrocio. Nonostante tutto sono in perfetta
tabella di marcia e posso gustarmi il panorama e la splendida giornata di sole.
Il tratto di raccordo alla valle è breve, poi
la salita inizia subito, dura ed arcigna. Il cartello predisposto dallorganizzazione
mi ricorda i dati che già conosco, quasi ad invitarmi ad un ultimo ripensamento:
"km.22, pendenza media 8,8%, pendenza massima 14%" Ho laltimetria già
impressa nella mente e ben in vista la tabella che preparo e porto sempre con me. Vado su.
Incontro prima un ciclista, poi un altro, che tornano indietro: "Non è
possibile!". Ecco, che succede ad andar troppo forte! Rallento e... vado su, con
convinzione.
Allattacco della salita, avevo già
mentalmente accettato di cavarmela da solo. Comunque fosse andata, a fine maggio fa notte
molto tardi e con il telefonino avrei tranquillizzato mia moglie, in attesa
allarrivo. Invece, ecco il pulmino-scopa al mio seguito. Non so che stress comporti
seguire un ciclista che procede a 5-6 km/h, ma è sicuramente una cosa che difficilmente
si desidera fare; ciononostante il conducente rifiuta la mia prima proposta di andare
avanti ed aspettarmi più su.
Non sono in affanno, anche se sto faticando
parecchio. Ho un ritmo lento, regolare. Con lo sguardo esploro il paesaggio che cambia
così lentamente da poter essere ammirato in ogni particolare. Che verde stupendo! Di
tanto in tanto riesco ad indovinare dove passerà la mia strada e, non lo nascondo,
qualche piccolo brivido mi corre lungo la schiena, anche se il caldo comincia a farsi
sentire. Il conducente del pulmino-scopa, si assicura delle mie condizioni e va ad
aspettarmi più avanti.
Approfitto di una riduzione della pendenza per
una sosta fisiologica ed, appena riparto, arriva anche il furgone-scopa. Incredibile, ma
vero! Forse per alleviare la mia fatica, forse per far prima, il conducente mi fa:
"Dai, che ti portiamo su noi". Rifiuto con una decisione tale, da risultare
scortese. E solo un momento, poi troviamo tutti unottima intesa e sia il
pulmino che il furgone si avvicendano nel seguirmi od aspettarmi più avanti. Approfitto
del ristoro di Rocchetta per scusarmi della mia involontaria scortesia. Passo Gavelli è
ancora lontano.
Per gli addetti ai mezzi che, ora mi precedono,
ora mi seguono, sarebbe tutto molto più semplice se mi ritirassi, ma non danno cenni
dimpazienza, anzi dimostrano un grande rispetto per il mio impegno ed appena posso
cerco di ripagare la loro cortesia accelerando un po, fino al limite massimo di
soglia. Ogni tanto, anzichè salire, la strada prende a scendere, per poi risalire più
repentinamente di prima, costringendomi ad impegnative variazioni di ritmo. Sono
circondato da un verde così intenso, come sempre meno capita di vedere.
Attraverso il piccolo abitato di Poggiodomo.
Lambulanza, assolti i trasporti durgenza, è venuta sin quassù. Roba da non
crederci! Un ritirato mi chiama per nome. Mi fermo e cerco di convircelo a proseguire
insieme, ma sale sul pulmino-scopa e, quasi a giustificarsi, mi ricorda che il
"bello" deve ancora venire.
E riparto, ancora su. Ed arriva anche Balbo
Scocchetti con la vettura dellassistenza meccanica. Altro che assistenza meccanica!
La sua è unassistenza TOTALE. Mi affianca, mi dà indicazioni sul resto della
salita, mi offre sali minerali freschi e mi "spinge" con la forza del suo
entusiasmo. Invece di un organizzatore scocciato di star dietro ad un ciclista che se la
prende comoda (e non va a tutta per arrivare prima) ho al fianco un compagno di viaggio
che, dallauto, mi descrive il paesaggio e mi incoraggia senza farmi fretta.
Ora il panorama si allarga su un orizzonte
sempre più vasto. Arrivo persino a vedere delle vette ancora innevate! Ecco là il
Terminillo ed, ecco qui, lultimo strappo, più duro. Devo rallentare, ma ho attorno
a me una veduta talmente eccezionale che quasi mi sfugge il cartello: Passo Gavelli, il
2° Passo, è raggiunto. Al ristoro, qualche chilometro più avanti, mi fermo quanto basta
per mangiare un paio di fette di ciambellone e ringraziare gli addetti per avermi
aspettato.
Preceduto dallauto dellassistenza
"totale" che mi apre la strada, scendo veloce e con tutta sicurezza a S.Anatolia
di Narco. Un piccolo problema ai freni. Un intervento da Giro DItalia: via la ruota,
pulizia del pattino, di nuovo su la ruota. Ci ho messo più tempo io a scriverlo, che
Balbo a farlo.
Attacco la ripida salita di Castel S.Felice e,
nonostante qualche ombra dalbero, fa veramente molto caldo. Un caldo che toglie il
respiro e le forze. Ma Balbo è già pronto anche per questo. Mi precede un po e poi
al mio passaggio mi corre (si fa per dire!) dietro bagnandomi abbondamente con acqua
freschissima, persino i polsi. Già lo scorso anno aveva così "battezzato" il
Gruppo, ma allora eravamo in quattro.
"Val la pena fare la stessa cosa per un
solo ciclista fuori tempo massimo?" Dietro mi segue lambulanza, il
pulmino-scopa ed il furgone-scopa, che frequentemente si ferma a togliere i cartelli.
"E giusto sacrificare così tante persone per un ciclista che per scelta guarda
il paesaggio e pedala tranquillo?". "Come fa unorganizzazione ad accettare
il Gruppo dei Senza Fretta, ridotto alla sola persona del coordinatore, che con
liscrizione comunica un proprio tempo massimo per le ore 15, anzichè le 14?"
Domande che affiorano nella mia mente, mentre Balbo mi segnala che sto arrivando al muro.
Il muro per Meggiano.
Speravo che i racconti sentiti fossero
esagerati e che un 30x24 spianasse anche un muro. Niente di tutto ciò. Ma non posso
cedere. Devo farcela, se non altro per dare una minima soddisfazione sportiva a chi mi sta
seguendo. Tiro fuori tutta la "tigna" rimasta, fino a pescare lanima
stessa e non cedo. Il cuore a 180 battiti. Rallento, zigzagando, ma vado su. E quando vedo
il cartello del GPM, prendo via via velocità e lo oltrepasso esplodendo in un ritmo tanto
forsennato, quanto breve.
La salita riprende più dolce verso Forca di
Cerro; comincio decisamente a forzare landatura. Voglio rispettare il tempo massimo
che mi sono dato, anche se son certo che a chi mi assiste andrebbe bene qualunque altro
tempo.
La scarpa destra, magistralmente e
gratuitamente riparata da Balbo ieri sera, nella piastrina daggancio al pedale, non
mi dà alcun problema; invece, il piede sinistro è surriscaldato, il sole picchia anche
lì. No problem. Balbo si ferma un po più avanti per corrermi dietro e bagnarmi
pure i piedi. Sono le 14,45 quando arrivo in vetta. II 3° Passo è raggiunto! 11 km.
allarrivo.
Oltrepasso di slancio il ristoro, probabilmente
deludendo gli addetti che son rimasti lì ad aspettare proprio me (ancora oggi mi
rammarico per questa mia "scorrettezza"), ma un "senzafretta" è anche
sportivo e se, dopo essersi goduto la sua tranquilla pedalata, ha anche una sola chance di
arrivare entro il tempo stabilito, che fa? La gioca.
Non sono un discesista. Non
amo correre rischi inutili, però mi son buttato in discesa con decisione, compensando la
prudenza in curva con generosi e prolungati rilanci, senza entrare in scia della macchina
dassistenza "totale", ma certo dellefficienza della sua funzione di
apristrada. Secondo più, secondo meno, alle ore 15,00 ho tagliato il traguardo
darrivo con un colpo di reni, tanto inutile, quanto enfatico. Beh, un po di
spettacolo non guasta. Ed, oltre a raccogliere un caloroso applauso, son riuscito a far
notare la nuova maglia, che è un punto di riferimento per chiunque voglia, anche per una
sola granfondo, scoprire che andar piano è bello ed in compagnia lo è ancor di più.
E vero, sono arrivato
molto più "provato" del solito, con lo stomaco ancora in subbuglio, ma la
soddisfazione è stata davvero tanta e mi sono quasi commosso al bacio di mia moglie, la
mia miss-tappa personale. Ed ancor di più mi sono emozionato alla premiazione, perchè,
non lo credereste, ma mi hanno pure premiato, un premio speciale... alla filosofia
ciclistica del Gruppo da me rappresentato.
Ho salutato tutti
promettendo di tornare, non più da solo, perchè la Tre Passi Umbri, pur crescendo come
merita, riserverà sempre agli ultimi quellassistenza che fa la differenza tra le
"prove agonistiche" e le "manifestazioni ciclosportive";
unassistenza da Oscar!