X Colli, come l'ha vissuta Pio Sono emozionatissimo, forse quanto lo ero
cinque anni fa alla partenza della mia prima Nove Colli. Allora eravamo solo io e
Giovanni, più ottomila ciclisti. Oggi siamo molti di più, senza gli ottomila ciclisti e
non per la Nove Colli. Sulla linea di partenza stiamo aspettando Mario, che sta facendo
provvista di banane. Lui è venuto da Malta. Altri, sicuramente più vicini, per i motivi
più disparati, non sono venuti. Spero che tutto riesca così bene da farli
"schiattare dinvidia", ma sono molto preoccupato. Arriva Mario, foto ricordo e... via! Si parte. Solo Mario di Montesilvano rimane a guardare, deve rientrare al suo paese per un importantissimo impegno. Son sicuro che vederci partire gli sta costando una grossa sofferenza. Se non fosse venuto se la sarebbe potuta risparmiare, ma ci teneva proprio ad essere con noi almeno il sabato. Forse è il solo ad essersi reso conto dellimportanza dellavvenimento: per la prima volta ci siamo seduti in cerchio, valutato le esperienze passate, confrontato i nostri desideri e parlato del prossimo futuro. Continueremo a parlarne sul Forum che attiveremo con l'aiuto di Luciano, ma oltre al "virtuale" qualcosa di reale ci voleva proprio. Siamo solo in quattordici, ma a me sembra di essere in tanti. Son
davanti a pilotare il Gruppo e mi sento quasi a disagio. Avanti a noi non cè
nessuno. Sono il primo. Appena la strada prende a salire recupero il mio abituale posto. Il ricompattamento a Ventoso avviene senza lipotizzata sosta al
bar. Adesso c'è il tratto di salita più lungo. Umberto ce la sta mettendo tutta. Si
ferma e riparte subito. A Borgo Maggiore, se fosse solo probabilmente si fermerebbe un bel
po, ma gli altri che ci hanno atteso stanno ripartendo. Gli ultimi chilometri sono
scanditi dai cartelli della corsa ciclistica degli allievi che arriveranno da Lugo.
Proprio Lugo, la sede della Giornata dei Senza Fretta. Strana coincidenza. Ancora due
brevi soste ed arriviamo anche noi. Porta S.Francesco. Quando si riparte è già tutto appianato e ci siamo già scambiati
reciproche scuse. La strada è lastricata e scivolosa. Occorre fare molta attenzione.
Proprio appena usciamo da Porta S.Francesco incrociamo la corsa che sta arrivando su.
Forzo i blocchi delle moto apristrada (che diamine! di quanta strada hanno bisogno in
salita tutti sfilacciati come sono?). E qui sta il primo errore, ma non basta sbaglio di
nuovo subito dopo, quando al bivio-chiave per Faetano credo di veder passar tutti. Il
dubbio insinuato da Giovanni, certo più tranquillo di me, mi spinge ad un appello
mentale. Manca qualcuno. Chi? Scendo a tutta per arrivare avanti e vedere chi cè. Ora sono sereno anchio. La strada scende molto dolcemente lungo la vallata del fiume Marano. Mi rallegro con me stesso per aver scelto il verso giusto. Abbiamo un bel vento a favore (finalmente) e ci gustiamo la velocità. Questi sono i chilometri che io chiamo "a gratis", rispetto a quelli in salita dove si paga il pedaggio della fatica. Da un momento allaltro mi aspetto di trovare tutto il gruppo ad attenderci, ma i rettilinei sono lunghi e deserti. Mi convinco che gli altri ci stanno aspettando nellarea picnic del parco fluviale. Mancheranno una quindicina di chilometri allarrivo e son soddisfatto, anche il rischio pioggia è superato. Lo dico a Fulvio e subito (so che questo mi costerà una cattiva reputazione, ma la verità è verità) cominciamo a sentire qualche gocciolina. E la rugiada sugli alberi, lumidità dellaria. No, è proprio pioggia, fredda e sempre più forte. Larea picnic è deserta ed immagino che davanti procedano al "si salvi chi può". Due gocce dacqua (!?!) e la compattezza del Gruppo è andata a farsi friggere. Anna al telefonino (ora, fuori della R.S.M., i telefonini hanno ripreso a funzionare) mi dice che il grosso è ancora unito, ma qualcuno è rimasto un po indietro. "Vabbè, li riagganciamo noi!" ed, oltrepassato l'incrocio di Ospedaletto, comincio a forzare landatura. Sta smettendo di piovere e troviamo il gruppo ad aspettarci prima del cavalcavia dell'autostrada. Meglio tardi, che mai. Siamo di nuovo tutti insieme. No, manca Assuero. L'ultimo a vederlo è stato Umberto. Stava pedalando fitto per rientrare sui primi ed ha sicuramente sbagliato il subdolo incrocio di Ospedaletto. Avevo pensato di metterci un cartello, ma ero proprio convinto che saremmo passati tutti insieme. Accidenti, sta procedendo dritto verso Rimini, verso là dove il cielo è più nero! Mando l'ammiraglia indietro alla sua ricerca. Inutile tornare indietro noi, in bicicletta. Assuero, quando spinge sui pedali, viaggia molto bene. Lo so per aver faticato a stargli dietro nella "tromba d'aria" di Matelica alla Granfondo Marchigiana. Spero proprio che, per rifugiarsi dalla pioggia, non sia nascosto chissà dove. Noi siamo già all'attraversamento della statale, che ci divide in due tronconi, uno guidato da Paolo e l'altro da me. Ci stiamo riportando sotto. Davanti è successo qualcosa. Troviamo Mario a terra e Giovanni è terrorizzato. Lo ha visto piegarsi su se stesso e scavalcare la bicicletta. Nella frenata per il semaforo la pipa del manubrio si è schiantata di netto. Ho una gran paura. In un istante, nella mia mente c'è un vorticoso susseguirsi di ambulanza, ospedale, mancato rientro a Malta, famiglia da avvertire... Invece Mario si rialza, illeso. E' appena appena indolenzito e non si lamenta neppure. Si preoccupa di tranquillizzarci. Alcuni indumenti si sono lacerati, ma lo hanno ben protetto. Per ripararsi dal freddo si è messo addosso tanta roba. Se fosse stato caldo, con la sola maglietta... Non oso proseguire il pensiero. Mario non si lamenta, ma con Stefano esamina cosa è successo e si fa spiegare come fare la riparazione. A Malta non ci sono molti meccanici ciclisti e deve farsi quasi tutto da solo. Al momento, purtroppo, non è possibile far nulla. L'ammiraglia sta recuperando Assuero, per cui non ci rimane che lasciarlo al riparo di un edificio lì vicino. Ormai siamo quasi arrivati e torneremo subito a riprenderlo. Avverto appena il piacere del vento a favore sulla pista ciclabile del
lungomare. Io e Stefano stiamo procedendo a tutta. Raggiungiamo gli altri più avanti e ci
perdiamo quelli che erano con noi. Anna dall'ammiraglia mi telefona. Assuero è stato
recuperato perchè, accortosi dell'errore, stava già ritornando indietro sulla retta via.
Che sollievo! Lasciamo in tutta fretta le bici nel deposito dell'albergo e ripartiamo
subito in auto per la "missione di soccorso". Stefano è tranquillo, ma io sono
molto in apprensione. Il dubbio che intanto Mario, imperturbabile a "botta
calda", si fosse invece sentito male mi tiene in allarme. Ho già il telefonino
pronto con il 118. Sinceramente contavo in un arrivo diverso, a ranghi compatti e con
lapplauso della folla, beh... delle mogli. Invece non è andata così, ma a ranghi
compatti ci ritroviamo... a tavola. Ognuno la racconta a modo suo, si intrecciano aneddoti
e battute. Insieme si sta proprio bene. Pio, pio@senzafretta.org |