X Colli, come l'ha vissuta Pio

Sono emozionatissimo, forse quanto lo ero cinque anni fa alla partenza della mia prima Nove Colli. Allora eravamo solo io e Giovanni, più ottomila ciclisti. Oggi siamo molti di più, senza gli ottomila ciclisti e non per la Nove Colli. Sulla linea di partenza stiamo aspettando Mario, che sta facendo provvista di banane. Lui è venuto da Malta. Altri, sicuramente più vicini, per i motivi più disparati, non sono venuti. Spero che tutto riesca così bene da farli "schiattare d’invidia", ma sono molto preoccupato.
Il cielo è totalmente coperto e scuro. Un forte vento contrario ci punzecchia gelido. Potrebbe piovere da un momento all’altro e San Marino è sicuramente avvolto nella nebbia più fitta. Ma sono ancor più preoccupato per la grande disparità di preparazione ciclistica che c’è fra noi.
Riusciremo a rimanere tutti insieme fin lassù? Ieri sera la decisione è stata unanime: niente percorso ridotto per nessuno, tutti insieme sui 4 colli. Quattro, questo è il numero che valorizza ufficialmente la "X" misteriosa.
Cerco di individuare a chi star più vicino: Vincenzo, il gemello, andrà su con il 53 anche nel tratto più duro; Aldo, abituato alle lunghe percorrenze, non scalderà neppure il motore; Paolo, l’ho visto ieri pomeriggio, ha un bel colpo di pedale e sarà avanti; Assuero, ha il 42x23, si impianterà giusto in qualche strappo e andrà senza problemi; Sergio, reduce dalle vacanze in Alaska, avrà caldo e pedalerà benissimo; Mario, abituato a salite brevi e ripide, salirà sulle rampe come uno scoiattolo per perdere qualcosa nei tratti più lunghi e facili; Stefano, dice di non essere allenato, sarà con me insieme agli ultimi, crampi permettendo; Fulvio, la regolarità è il suo forte, se saremo regolari sarà in una botte di ferro; Luciano, pedala una city-bike, è una grossa incognita; Umberto, pure in city-bike ed abituato a lunghe percorrenze con lunghe soste, sarà sicuramente in coda; Corrado, amico di Umberto, dovrebbe andare sullo stesso passo; Giovanni, oggi particolarmente pimpante, è senza fretta per antonomasia ed arriva ovunque; Carlo, dice di essersi allenato anche ieri mattina, potrebbe finire col trovarsi in difficoltà.
Io? Io ho preso la mountain-city-bike sia per avere più libertà di movimento sia per l’impianto d’illuminazione che potrebbe risultare molto utile (!?!).

Arriva Mario, foto ricordo e... via! Si parte. Solo Mario di Montesilvano rimane a guardare, deve rientrare al suo paese per un importantissimo impegno. Son sicuro che vederci partire gli sta costando una grossa sofferenza. Se non fosse venuto se la sarebbe potuta risparmiare, ma ci teneva proprio ad essere con noi almeno il sabato. Forse è il solo ad essersi reso conto dell’importanza dell’avvenimento: per la prima volta ci siamo seduti in cerchio, valutato le esperienze passate, confrontato i nostri desideri e parlato del prossimo futuro. Continueremo a parlarne sul Forum che attiveremo con l'aiuto di Luciano, ma oltre al "virtuale" qualcosa di reale ci voleva proprio.

Siamo solo in quattordici, ma a me sembra di essere in tanti. Son davanti a pilotare il Gruppo e mi sento quasi a disagio. Avanti a noi non c’è nessuno. Sono il primo. Appena la strada prende a salire recupero il mio abituale posto.
Senza alcuna disciplina imposta, ma per naturale spirito di gruppo ci si aspetta in cima ad ogni rampa o nei punti più favorevoli per ricongiungersi.
Il percorso è molto tortuoso, ma su strade con traffico zero o quasi, fondo stradale buono e panorama bellissimo... se fosse possibile vederlo!

Il ricompattamento a Ventoso avviene senza l’ipotizzata sosta al bar. Adesso c'è il tratto di salita più lungo. Umberto ce la sta mettendo tutta. Si ferma e riparte subito. A Borgo Maggiore, se fosse solo probabilmente si fermerebbe un bel po’, ma gli altri che ci hanno atteso stanno ripartendo. Gli ultimi chilometri sono scanditi dai cartelli della corsa ciclistica degli allievi che arriveranno da Lugo. Proprio Lugo, la sede della Giornata dei Senza Fretta. Strana coincidenza. Ancora due brevi soste ed arriviamo anche noi. Porta S.Francesco.
Qui era previsto di rifocillarsi al Bar La Torretta, ma nessuno vi è entrato. Cambio di programma. Entriamo subito in bici nel centro storico e guido tutti fin su la Piazza della Libertà. Fa decisamente freddo. Qui c’è già Marilena e Loriana con il piccolo Luca, venute su da Borgo Maggiore in funivia. Quando Anna e Loredana arrivano a piedi ci siamo già dispersi nella piazza.
La nebbia è così fitta che rende tutto più epico e più difficile. Per la foto di gruppo non riusciamo a ritrovare Vincenzo. Solo dopo lo scoviamo già rifugiato nel bar. Chi prende qualcosa di caldo e chi stoicamente (o per evitare lo sbalzo di temperatura dentro-fuori) mangia quanto si è portato appresso e rimane sotto la statua, unico punto di riferimento valido. Ovviamente questi non vedono l’ora di ripartire, mentre gli altri non hanno alcuna fretta di uscire dal bar. Organizzativamente è un momento molto difficile da gestire, mi innervosisco ed ho un battibecco con Stefano, che ha freddo ed ha paura dei crampi.

Quando si riparte è già tutto appianato e ci siamo già scambiati reciproche scuse. La strada è lastricata e scivolosa. Occorre fare molta attenzione. Proprio appena usciamo da Porta S.Francesco incrociamo la corsa che sta arrivando su. Forzo i blocchi delle moto apristrada (che diamine! di quanta strada hanno bisogno in salita tutti sfilacciati come sono?). E qui sta il primo errore, ma non basta sbaglio di nuovo subito dopo, quando al bivio-chiave per Faetano credo di veder passar tutti. Il dubbio insinuato da Giovanni, certo più tranquillo di me, mi spinge ad un appello mentale. Manca qualcuno. Chi? Scendo a tutta per arrivare avanti e vedere chi c’è.
In fondo alla discesa ormai so chi manca, ma come tornar subito su a vedere cosa è successo? Terzo errore: sarei dovuto tornare indietro, non correre avanti. L’ammiraglia è sicuramente rimasta bloccata ed i cellulari, come al solito quando servono, non funzionano. Fermo un motocarro di passaggio e cerco di convincere il conducente che va da tutt’altra parte a riportarmi su. Aldo, più costruttivo, chiede informazioni ad una macchina che sta scendendo. Sappiamo così che tre ciclisti sono fermi, forse a causa del freddo, al bivio. Assuero, Mario e Fulvio. I conti tornano. Passano minuti interminabili. Dobbiamo far qualcosa.
Finalmente arriva l’ammiraglia che ci annuncia che stanno arrivando. Faccio ripartire tutti e rimango io ad aspettarli. Altri interminabili minuti ed arrivano Assuero e Mario. Li faccio proseguire. Ma Fulvio non arriva. L’ammiraglia torna indietro e riprendo a salire anch’io. Neppure due curve e lo incrocio. Subito non comprende la mia agitazione. E’ tranquillo e soddisfatto di aver trovato la strada giusta consultando la tabella di marcia che con la sua abituale previdenza si è portato appresso.

Ora sono sereno anch’io. La strada scende molto dolcemente lungo la vallata del fiume Marano. Mi rallegro con me stesso per aver scelto il verso giusto. Abbiamo un bel vento a favore (finalmente) e ci gustiamo la velocità. Questi sono i chilometri che io chiamo "a gratis", rispetto a quelli in salita dove si paga il pedaggio della fatica. Da un momento all’altro mi aspetto di trovare tutto il gruppo ad attenderci, ma i rettilinei sono lunghi e deserti. Mi convinco che gli altri ci stanno aspettando nell’area picnic del parco fluviale. Mancheranno una quindicina di chilometri all’arrivo e son soddisfatto, anche il rischio pioggia è superato. Lo dico a Fulvio e subito (so che questo mi costerà una cattiva reputazione, ma la verità è verità) cominciamo a sentire qualche gocciolina. E’ la rugiada sugli alberi, l’umidità dell’aria. No, è proprio pioggia, fredda e sempre più forte.

L’area picnic è deserta ed immagino che davanti procedano al "si salvi chi può". Due gocce d’acqua (!?!) e la compattezza del Gruppo è andata a farsi friggere. Anna al telefonino (ora, fuori della R.S.M., i telefonini hanno ripreso a funzionare) mi dice che il grosso è ancora unito, ma qualcuno è rimasto un po’ indietro. "Vabbè, li riagganciamo noi!" ed, oltrepassato l'incrocio di Ospedaletto, comincio a forzare l’andatura.

Sta smettendo di piovere e troviamo il gruppo ad aspettarci prima del cavalcavia dell'autostrada. Meglio tardi, che mai. Siamo di nuovo tutti insieme. No, manca Assuero. L'ultimo a vederlo è stato Umberto. Stava pedalando fitto per rientrare sui primi ed ha sicuramente sbagliato il subdolo incrocio di Ospedaletto. Avevo pensato di metterci un cartello, ma ero proprio convinto che saremmo passati tutti insieme. Accidenti, sta procedendo dritto verso Rimini, verso là dove il cielo è più nero! Mando l'ammiraglia indietro alla sua ricerca. Inutile tornare indietro noi, in bicicletta. Assuero, quando spinge sui pedali, viaggia molto bene. Lo so per aver faticato a stargli dietro nella "tromba d'aria" di Matelica alla Granfondo Marchigiana. Spero proprio che, per rifugiarsi dalla pioggia, non sia nascosto chissà dove.

Noi siamo già all'attraversamento della statale, che ci divide in due tronconi, uno guidato da Paolo e l'altro da me. Ci stiamo riportando sotto. Davanti è successo qualcosa. Troviamo Mario a terra e Giovanni è terrorizzato. Lo ha visto piegarsi su se stesso e scavalcare la bicicletta. Nella frenata per il semaforo la pipa del manubrio si è schiantata di netto. Ho una gran paura. In un istante, nella mia mente c'è un vorticoso susseguirsi di ambulanza, ospedale, mancato rientro a Malta, famiglia da avvertire... Invece Mario si rialza, illeso. E' appena appena indolenzito e non si lamenta neppure. Si preoccupa di tranquillizzarci. Alcuni indumenti si sono lacerati, ma lo hanno ben protetto. Per ripararsi dal freddo si è messo addosso tanta roba. Se fosse stato caldo, con la sola maglietta... Non oso proseguire il pensiero. Mario non si lamenta, ma con Stefano esamina cosa è successo e si fa spiegare come fare la riparazione. A Malta non ci sono molti meccanici ciclisti e deve farsi quasi tutto da solo. Al momento, purtroppo, non è possibile far nulla. L'ammiraglia sta recuperando Assuero, per cui non ci rimane che lasciarlo al riparo di un edificio lì vicino. Ormai siamo quasi arrivati e torneremo subito a riprenderlo.

Avverto appena il piacere del vento a favore sulla pista ciclabile del lungomare. Io e Stefano stiamo procedendo a tutta. Raggiungiamo gli altri più avanti e ci perdiamo quelli che erano con noi. Anna dall'ammiraglia mi telefona. Assuero è stato recuperato perchè, accortosi dell'errore, stava già ritornando indietro sulla retta via. Che sollievo! Lasciamo in tutta fretta le bici nel deposito dell'albergo e ripartiamo subito in auto per la "missione di soccorso". Stefano è tranquillo, ma io sono molto in apprensione. Il dubbio che intanto Mario, imperturbabile a "botta calda", si fosse invece sentito male mi tiene in allarme. Ho già il telefonino pronto con il 118.
Lo ritroviamo appena un po' infreddolito e sono felice di essermi preoccupato per nulla. In auto abbiamo già acceso il riscaldamento e lo facciamo salire subito. Carichiamo la bici con la delicatezza che si riserva ad un ferito ed arriviamo in albergo mentre dall'ammiraglia, appena arrivata, sta scendendo Assuero.

Sinceramente contavo in un arrivo diverso, a ranghi compatti e con l’applauso della folla, beh... delle mogli. Invece non è andata così, ma a ranghi compatti ci ritroviamo... a tavola. Ognuno la racconta a modo suo, si intrecciano aneddoti e battute. Insieme si sta proprio bene.
Immagino che, con questo racconto, nessuno "schiatterà d’invidia", ma non mi dispiace. Ognuno ha diritto di godersi il week-end come vuole. Nonostante tutto, a me è piaciuto così. E non sono stato il solo.
Certo che se il tempo fosse stato bello... Purtroppo, non tutte le ciambelle riescono col buco... A proposito di dolci, conclusione con tripla porzione di torta alla panna. Niente male come inizio della dieta invernale!

Pio, pio@senzafretta.org


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