GIRO DEL FRIULI
Due tappe: 110+158 km. Tre nazioni: Italia, Austria e Slovenia
Buttrio (UD), 2-3 giugno 2001
Ricordate tutte le belle cose che vi
ho raccontato su questa bellissima Gran Fondo? Anche quest'anno si sono rivelate vere
anche se bisogna ammettere una cosa: la macchina davanti c'è, ma bisogna solo mettersi
daccordo sulla misurazione della sua velocità. Sulla tabella di marcia sono riportati 25
Km/h ma quest'anno, ma anche 25 mph (miglia per ora) in alcuni tratti sono state inferiori
alle velocità dei computerini. In attesa di capire a quanti 25 cosi all'ora corrispondano
le tabelle di marcia, per il prossimo anno consiglio un sano allenamento, dato che quella
che era quasi una passeggiata quando ho iniziato a frequentarla 6 anni fa, sta diventando
ogni anno un poco più esigente. Ma torniamo alla cronaca vera e propria.
Dopo settimane di caldo opprimente, la partenza viene data in un clima completamente
diverso. Fa freddo (13,5°) ed alcuni sfoggiano addirittura divise invernali. Alla
partenza siamo in tre, Claudio di Gradisca d'Isonzo, Romano di Maniago (che come
allenamanto ha solo il giro di romagna) ed io; pronti, via e si inizia subito ad andare un
pelino troppo allegri. Romano dopo pochi chilometri si piazza a 25 km/h ed inizia a
scivolare in fondo al gruppo, e ci da appuntamento al primo ristoro. Claudio ed io
cerchiamo di restare in mezzo al gruppone di più di mille partecipanti, ma è un continuo
di frenate e scatti. Un attimo e ti ritrovi ai 10 all'ora e dopo trenta secondi vai oltre
ai 40, così per cinquanta e passa chilometri. Ci ricompattiamo al primo ristoro e Romano
decide di averne avuto abbastanza e sale in macchina. Ormai le salite si avvicinano, il
panorama cambia ma l'andatura continua ad essere sostenuta ed a strappi. Così alla prima
salitella inizio ad andare in riserva. Riesco a finirla insieme al gruppo e rimanere in
scia ma poco prima del secondo ristoro, sulla stessa rampa al 10% dove ero scoppiato tre
anni prima, devo mollare le ruote del gruppo. Maledendo tutti gli scatti fatti in
precedenza, inizio il mio solito calvario, arrivando al ristoro con un discreto appetito
ed un leggero ritardo sul gruppo che sta già ripartendo. Ingollo 10 (dieci!) plum-cake,
unica cosa sostanziosa del rifornimento e mi metto in marcia per gli ultimi sette
chilometri di salita, lasciando libero Claudio di salire con il suo passo, confidando in
qualcuno in ritardo. Salgo pedalando tra le auto al seguito e dopo poco decido di fermarmi
perchè sembra di stare in mezzo al traffico e la puzza di Milano. Aspetto ben 25 minuti
prima che il serpentone finisca, in fin dei conti non è previsto tempo massimo, sono le
14:15 ed il sole tramonta alle 21:00. Mentre faccio questi ragionamenti, sbuca un ciclista
in fondo alla strada. Lo aspetto e mi aggrego e scopro così di averne dietro ancora
qualche decina che erano ancora al ristoro mentre lui ripartiva. Conoscendo come vanno le
cose, gli confermo che gli ultimi siamo proprio noi ma che non c'è nessun problema e che
saremo arrivati insieme. Confortati entrambi dalla compagnia e dallo splendido panorama
raccogliamo un altro ciclista e a 2 chilometri dalla sommità della salita incrociamo
Claudio che è tornato indietro per vedere a che punto eravamo. Avvisati gli altri delle
mie intenzioni in discesa ed confermato che li avrei aspettati in fondo alla discesa,
salutate le mogli in trepidante attesa sulla sommità del passo, pargoli inclusi,
finalmente mi posso dedicare alla parte migliore delle gran fondo: le discese.
Splendidi curvoni in appoggio e asfalto perfetto, si va giù sul filo degli ottanta
all'ora, poi un po' di traffico ci rallenta ma ricompattato tutto il gruppetto, tagliamo
insieme il traguardo alle 15.30, buoni ultimi.
Curiosamente tutti quelli che erano fermi al ristoro di Timau, e quindi dietrro di noi,
sono riusciti in un rush finale incredibile a superarci, andando così forte che nessuno
di noi li ha visti. Sic transit.
Dormiamo la notte in una piccola pensione lungo la strada che dovremmo percorrere
l'indomani, quindi abbiamo già 5 chilometri di vantaggio. La sera sono stravolto e
affamato. Divoro la cena e alle 20:05 sono già a letto. La mattina dopo, come da
programma, Claudio bada ai pupi e Matilde fa la seconda tappa. Importiamo all'interno
della manifestazione la partenza alla francese, all'insaputa degli organizzatori, partendo
appena finita la colazione. Anche se suona strano e che rischiamo la scomunica da Pio, la
seconda tappa della gran Fondo del Friuli ha avuto in fuga il gruppo dei Senzafretta,
tutti e tre con la maglia di ordinanza, per quasi metà tappa.
Arrivati al primo ristoro e recuperato Ireneo, compagno nella salita del giorno prima,
ripartiamo subito per poter gestire l'asperità della seconda giornata: il passo del
Predil. La salita si divide in due parti, una fino alle Cave del Predil dove c'è il
ristoro ed una un poco più dura di 4 Km che svalica in Slovenia. A metà del primo tratto
veniamo raggiunti e superati dal gruppo, ma continuiamo con il nostro passo. Arrivato
quasi al ristoro, riesco a sfruttare la scia di una moto dell'organizzazione in un tratto
dove c'è sempre vento contro, che sul filo dei 30 all'ora mi porta al ristoro e
all'incontro con le famiglie al seguito. Teniamo duro gli ultimi chilometri e poi giù in
discesa verso Caporetto. La discesa è pericolosa e senza parapetti ma se non raggiungo il
gruppo arrivare a Caporetto sarà un martirio. Quindi mollo i freni e riesco a rientrare a
metà gruppo dove vengo raggiunto da tutti gli altri, meno Romano che ha bucato finita la
discesa ed ha deciso di salire in macchina.
Ormai il peggio è passato e superiamo Caporetto ed il suo ristoro senza problemi.
Entriamo in Italia, tranquillamente nel gruppo, quand'è che foro la ruota posteriore. Il
gruppo fila via e mi ritrovo in fondo con Matilde. In un attimo arriva l'assistenza a cui
do la camera d'aria ed in due minuti effettua la riparazione e mi ridà la bici in
perfetto stato. Incredibile, ed in più si offrono di aiutarci a rientrare facendoci scia
con la loro macchina, una multipla. Accetto immediatamente l'invito e mi incollo al
paraurti, la macchina è alta e non si fa un filo di fatica. Matilde, più prudente sta un
poco più staccata. Raggiungiamo le ultime macchine della corsa, ora dobbiamo farcela da
soli. E' stato un incubo, dieci chilometri tra i 42 e 47 all'ora, tra le macchine che non
ti vedono, il traffico e lo scoramento di non riuscire comunque a ricucire. Ma a quanto
vanno?? Infine, quando tutto sembrava inutile, intravediamo la coda del gruppo. Con le
ultime energie lo raggiungiamo e lo risaliamo per un poco. Ma qualcosa continua a non
andare, passiamo Cividale del Friuli a quasi 40 all'ora ed il gruppo si sta sfaldando per
la troppa velocità. Quando ci affianca l'ambulanza per sorpassarci, non ci vedo più e
caccio un urlo a Matilde affinchè mi segua e sfrutti la sua scia. Mi piazzo li dietro a
cinque centimetri dal paraurti, completamente risucchiato, con la tranquillità che anche
se dovessi centrarla in pieno, i soccorsi sarebbero immediati. Ottengo un immediato ed
inaspettato successo, dato che tutti quelli che superiamo si accodano seguendo la nuova
moda ed in questo modo arriviamo all'arrivo.
Dopo dieci minuti un forte acquazzone si abbatterà sulla zona dell'arrivo e della
premiazioni. Ma ormai è fatta.
All'anno prossimo e occhio, perchè anche qua le macchine hanno iniziato a correre, oppure
chi scrive sarà meglio che si alleni ancora un poco di più perchè ormai non basta più.
Alla prossima.
Sergio di Fano (PU)
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