Nove Colli, una festa anche
per noi ultimi
Insieme a Paolo di
Tolentino (MC), anche lui "senza fretta" come me, domenica 19 maggio ho
partecipato alla Nove Colli. Partenza bagnata, granfondo fortunata! Lo si dice per darsi
coraggio e prepararsi di buon animo ad affrontare il peggio. Invece il tempo è andato
gradualmente migliorando, regalandoci una fresca giornata primaverile. Come non lasciarsi
prendere dalla voglia di provarci nonostante tutto? Nonostante il Monte Tiffi, piccolo ma
tosto, nonostante il Perticara, logorante con i suoi continui strappi, nonostante il
Pugliano, infinitamente lungo, e nonostante il Gorolo, tripla crocefissione prima della
desiderata-odiata pianura inevitabilmente contro vento.
Al ristoro di Sogliano siamo
accolti festosamente: è da diverso tempo che nessuno gira più per il percorso lungo.
C'è da mangiare e bere in abbondanza, quasi dovessero passare altre decine di ciclisti.
Invece non arriva nessuno e fugando l'ultimo dubbio voltiamo le spalle ad un facile
rientro a Cesenatico.
Valichiamo con decisione il Tiffi, ma il Perticara si fa subito sentire. I
ragazzi del rifornimento ci incoraggiano con un buon bicchiere di vino moscato. La
"carica" finisce molto prima di conquistare il colle e, quando arriviamo al
paese, i volontari hanno pressochè finito di smantellare il ristoro, ciononostante
riescono a servirci un piatto di pasta ben condito, qualche dolce, banane ed anche un
caffè tiepido.
Arriva la "ramazza" e sappiamo di essere ultimi. Nessun
problema, ci siamo abituati. Il vero problema è che siamo decisamente in ritardo sulla
tabella di marcia e, quando affrontiamo il Pugliano, la gambe non ne vogliono proprio
sapere di aumentare il ritmo, neppure quando la pendenza diminuisce. La vista di San Leo
ci beffa. Crediamo di essere già arrivati in vetta, invece c'è ancora tanto da salire.
Accidenti, siamo proprio in ritardo! Siamo scortati da un'ambulanza e da un paio di mezzi
fine corsa. Tutti hanno un grande rispetto per il nostro sforzo e simpaticamente ci
incitano. Passiamo sotto San Leo. Le nuvole creano una condizione di luce molto
particolare, irrinunciabile fermarsi un istante e scattare un paio di foto, poi via.
Il Passo del Grillo? Non l'avevamo neppure preso in considerazione. Ora ci
prende in considerazione lui e ci mostra la grande verità: quando non si riesce a tenere
il passo si perde più tempo su una salita leggera, che a fare a piedi un tratto molto
ripido. Il ristoro in cima al colle mi salva da una crisi di fame. Troviamo tanta
cordialità ed un volontario dei mezzi al seguito ci offre uno "strappo" per la
salita successiva: "Tanto non diciamo nulla a nessuno!" Rifiutiamo
con decisione e lui ne è contento. Sarebbe tutto più facile per tutti, ma senza valore.
Consultiamo la tabella di marcia ed estrapoliamo una sconfortante previsione
d'arrivo: oltre mezzora fuori tempo massimo. Ma l'incitamento che ci giunge è tale da
ridarci carica e riusciamo a tenere anche una buona andatura. Arriva il Gorolo a fermare
il nostro slancio. I minuti scivolano via tanto più velocemente quanto più lentamente lo
domiamo sotto le nostre ruote. Il "beep" del controllo Winning Time ci stupisce.
Ancora funziona! Riprendiamo fiato al ristoro, dove altri volontari ci incitano. Siamo
scortati dalll'ambulanza, da diversi mezzi fine corsa ed ora arriva un'altra vettura
dell'organizzazione. Pensavamo di finire abbandonati da un momento all'altro, invece... da
non credere! Cerchiamo di ripagare tanto "appoggio" forzando per prendere
velocità, ma i saliscendi non ci aiutano. Ultimi 15 km. Finalmente la pianura, ma...
vento contro. Peggio che la salita!
Per un momento ci sentiamo come due imbecilli che scimmiottano di fare
i corridori, ci vien quasi da dire: "Scusate, abbiamo scherzato, andate pure. Prima
di notte, bar dopo bar, arriveremo." Invece due ciclisti ci sorpassano e ci incitano
a "prendere la loro ruota". Non è finita. Possiamo ancora farcela! Tiriamo
fuori tutto quello che c'è rimasto e sul filo dei 35 km/h riusciamo a tenere la loro
scia.
La vettura dell'organizzazione e l'ambulanza fanno da apristrada. Gli incroci
sono tutti presidiati ed il traffico viene fermato per il nostro passaggio. Incredibile!
Siamo di gran lunga oltre il nostro massimo, ma tutto ci incita a dare di più. Sugli
ultimi due cavalcavia tiriamo fuori anche l'anima ed all'ultima curva i due ciclisti ci
salutano e sfilano dietro. Siamo sul vialone d'arrivo. L'ambulanza attiva la sirena, tutti
gli altri mezzi attivano clacson e trombe, la gente ci applaude e ci grida: "Bravi,
bravi!".
Acceleriamo ancora e perfettamente appaiati conquistiamo il traguardo.
Il cronometraggio è già stato disattivato e non ci sono le miss ad aspettarci. Un
simpatico volontario ci consegna solennemente l'oggetto ricordo (una medaglia
portachiavi-tiraraggi) riservato a chi conclude la prova.
Tutti si complimentano con noi. E' incredibile. Siamo ultimi, fuori
tempo massimo di qualche minuto, ma è come se fossimo primi. Dell'esatto tempo impiegato
non importa nulla a nessuno, l'essere arrivati in fondo è già una grandissima
soddisfazione. Io e Paolo ci abbracciamo, ci manca il fiato e non riusciamo a parlare.
Nonostante tutto ce l'abbiamo fatta, ma molta parte del merito va all'efficienza
dell'organizzazione che ci ha assistito.
Un'organizzazione è fatta di
persone ed il senso di questo racconto è proprio quello di voler ringraziare tutti,
proprio tutti, sia quelli che ci sono stati più vicini ed "hanno sofferto con
noi" sia quelli che non abbiano neppure visto. Un ringraziamento tutto speciale ai
due ciclisti che ci hanno "spianato l'arrivo". Gli angeli custodi ancora
esistono e fanno pure miracoli.
Pio Renato Sbaffo - Osimo (AN)
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