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sabato 4 luglio |
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Con inusuale
puntualità alle ore 8:00 eccoci già schierati nel parcheggio
dell'hotel La Marchigiana di Sarnano per la rituale foto prima della
partenza: da sin. Giulio, Roberto (detto Roby), io, Carlo e Paolo.
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Tempo
eccellente, un bel sole e tanta ombra. Siamo sulla prima salita (la
salita di Monastero) già
ben affiatati e con il giusto passo per gustarci una giornata di sano
ciclismo. Non c'è traffico, ma dobbiamo fare attenzione a lasciare
strada ai cicloamatori in allenamento (per la Sibillini di domenica prossima) che ci
sorpassano a "volo radente". Non ho mai capito che
divertimento ci sia a provare a tutta un
percorso per poi rifarlo sette giorni dopo ancora più a tutta. Invece
a loro piace così e sono proprio pochi quelli che riescono a
trovare il fiato per rispondere al nostro saluto; giusto con quelli
del Controvento Bike riusciamo a scambiarci anche qualche sfottò.
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Passaggio alla
cascatella, mentre (notate) lo zaino di Giulio (che si è portato
dietro mezzo guardaroba) è passato sulle spalle di Paolo.
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Accidenti che
sosta idrologica! Ma siamo sicuri che il lago già c'era. Meglio
andarsene con simulata indifferenza.
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Passato il ponte
di San Lorenzo al lago (pfiuh, allora il lago già c'era) riprendiamo
a salire. Ci lasciamo alla spalle il paesino di Fiastra. Seguiamo la
direzione Cupi. Non si può sbagliare, si deve prendere sempre la
strada che sale. Roby, nel suo ruolo di cineoperatore di Felliniana
esperienza, si affanna (ma non troppo) ad anticiparci per riprenderci
con la sua cinepresa, un vero gioiellino della scienza e della
tecnica.
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Mentre Carlo
precede tutti, Giulio chiude il gruppo e Roby riprende... riprende...
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Non fa
caldissimo, ma facciamo sosta alla fontana di Cupi per rifornire le
borracce e rinfrescarci. Per la cronaca di fontane che ne sono due, ma
un abitante del posto ci ha segnalato come migliore quella poco più
lontana dalla prima che s'incontra. Ed ha ragione!
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Lasciamo il
piccolo abitato di Cupi e riprendiamo la strada in direzione del
Macereto. La strada subito scende per poi riprendere a salire fino al
Santuario.
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Il Santuario
merita una visita. Lo scorso anno con Michela abbiamo desistito a
causa della bufera in arrivo ed abbiamo fatto bene perché siamo
riusciti ad arrivare appena in tempo al Rifugio di Cupi. Oggi, invece,
con tutta tranquillità attraversiamo il grande prato circondato dal
rustico loggiato.
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Una
particolarità del Macereto è la pianta ottagonale, cosa abbastanza
rara nelle Marche e che ben si vede in questa foto, mentre ci
appropinquiamo a riprendere la strada. Si dovrà salire ancora un po'
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Valico Arette
(quota 1112 m.s.l.m.) e sullo sfondo il Monte Bove Nord.
Abbiamo raggiunto la vetta più alta della mattina ed ora ci aspetta
la bella discesa su Ussita. Dovremo solo fare attenzione ad un paio di
incroci per non finire fuori strada in direzione di Casali.
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Ad Ussita abbiamo fatto la sosta pranzo. Non siamo stati fortunati come a
Montemonaco lo scorso anno, comunque abbiamo preso bibite e panini
all'unico negozio di alimentari ancora aperto e trovato un piccolo
spazio parzialmente coperto giusto in tempo per evitare un piccolo
temporale. Passato lo scroscio, ripartenza in discesa per facilitare
la digestione.
Qui siamo a Visso, dopo la pausa caffè al bar, che ci è ha evitato
un altro scroscio. Decisamente il tempo sta cambiando!
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Puntiamo su
Castelsantangelo sul Nera e la strada torna a salire, non troppo, ma
sale. Carlo è rilassato e sta già pregustando la conquista della
prossima vetta. Il brontolio del tuono echeggia in lontananza.
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Giulio se la sta
cavando molto bene, mentre Paolo e Roby in fondo controllano la
situazione. Il brontolio del tuono echeggia meno lontano e... tanto
tuonò che piovve. E come piovve!.Un breve ma intenso acquazzone, del
tipo che non hai il tempo di mettere la mantellina e trovare un riparo
ed è già finito, ma sei tutto bagnato. L'aria però è calda ed
arriviamo a Castelsantagelo sul Nera quasi asciutti
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All'incrocio si
gira a sinistra e... inizia la salita VERA! Quel che abbiamo fatto
finora è stato solo un scherzo. La parte più dura è tutta
concentrata nei primi sette chilometri, da quota 780 a quota 1338
dell'Hotel La Fiorita, poi con quasi altri tre chilometri più facili
si arriva ai 1496 di Forca di Gualdo: la porta nord del Pian Perduto,
il Regno della Sibilla
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A vantaggio dei
"corridori" della Sibillini, leggiamo insieme il cartello
dei "Lavori di ripristino del piano viabile e manutenzione delle
pavimentazioni bituminose su alcuni tratti della S.P. 136 Pian
Perduto":
DATA CONSEGNA: GIUGNO 2009 DATA ULTIMAZIONE: GIUGNO 2010.
Come dire, fate attenzione perché la strada sarà sistemata per
l'edizione del... prossimo anno!
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Ricordo, nelle
mie Sibillini passate, come ho sempre atteso con grande piacere (per
le gambe) di buttarmi su questa discesa, che poi ho sempre affrontato con
il grande rammarico di lasciarmi alle spalle il magico mondo della Piana di
Castelluccio. Ora, in senso contrario, la sensazione è unica: ce la
faremo? Non abbiamo bici ultraleggere e siamo ulteriormente
affardellati dal bagaglio che ci portiamo appresso.
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Per lunghezza,
pendenza e paesaggio è quasi un valico alpino. Giusto la quota è
più bassa e per questo può far molto caldo, ma oggi non corriamo
questo rischio. Il brontolio del tuono torna a farsi sentire, sempre
più vicino. Procediamo lenti. Anche il temporale se la prende comoda
e ci tallona con garbo. Ogni tanto qualche goccia. Sarebbe un ottimo
raffreddamento ad acqua, ma non ci fa stare tranquilli. Quando
arriviamo in vetta ormai sta proprio piovendo, ma l'asfalto vecchio e
corroso (anche l'asfalto vecchio ha qualche pregio!) rimane abbastanza
asciutto. Ci rintaniamo nella cappellina giusto il tempo di passare un
po' di bagagli a Michela che insieme ad Alessandro ci hanno
raggiunto... in auto. Poi giù in discesa verso Castelluccio.
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Forca di Gualdo
è già alle spalle, lontana. Grazie alla maggior velocità abbiamo
distanziato la pioggia e riprendiamo a salire praticamente asciutti.
Ci circonda una natura dai colori intensi, dove predominano ampie
distese fiorite di giallo-verde. Nuvole basse incappucciano le cime
più alte, altre scorrono veloci e creano continui cambi di luce.
Giulio chiude il gruppo ed è talmente concentrato sulla rampa che ha
davanti che, complici anche gli occhiali scuri, non credo stia
cogliendo molte sfumature.
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Castelluccio
dall'alto del suo cucuzzolo, domina il Pian Perduto e ci nasconde la
vista del Pian Grande dove un grande squarcio di luce ci fa ben
sperare, ma alle nostre spalle il vento aumenta di intensità. Buona
cosa, un pochino aiuta e soprattutto non ci ostacola. Brutta cosa, con
sè porta anche nuvole basse ed acqua.
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Anche Roby, che
con Felliniana sensibilità non ha resistito alla tentazione di fare
qualche ripresa paesaggistica, raggiunge Castelluccio a sua volta
raggiunto dalla pioggia e scortato dalla piccola Panda Gialla di
Alessandro e Michela. Il grande camper alla sue spalle non ha niente a
che fare con noi. Peccato! Se la situazione peggiorasse potrebbe
essere un bel rifugio per tutti. Decidiamo di saltare la sosta
prevista e sfruttare l'ampia schiarita del Pianoro Grande (che ancora
resiste) per tentare di arrivare a Forca di Presta prima del
temporale.
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"Ehi serve
qualcosa?" E' Alberto di Corridonia che è venuto ad
intercettarci all'inizio dell'ultima salita, "Si, ci servirebbe
un po' di bel tempo, giusto quanto basta per arrivare lassù".
La salita è tutta davanti a noi. Inizia molto dolcemente, poco più
di un falsopiano, poi man mano (come nelle prove da sforzo al
cicloergometro) più ci si avvicina al valico più
s'incarognisce.
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Giulio comincia
a risentire un po' della fatica e l'inossidabile Paolo riesce a salire
spingendolo. Io, più limitato e scarso, cerco di mantenere alto il
morale incitando a gran voce.
Dopo questa foto, il cambiamento è quasi repentino e sembra farsi
notte (da considerare che non sono neppure le sette di sera). Dovrebbe
arrivarci addosso uno scroscio spaventoso, invece pioviggina appena
come se una mano invisibile riuscisse a tenere milioni e milioni di
gocce ancora attaccate alle nuvole, ma per quanto durerà il miracolo?
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Per chissà
quale strano gioco, con la stessa gradualità con cui aumenta la
salita, aumenta anche l'intensità della pioggia, ma tutto sommato
conquistiamo Forca di Presta ancora abbastanza asciutti.
Non è possibile scattare la foto ricordo. Bisogna mettere le bici nel
magazzino sotto il rifugio, trasbordare i bagagli. Alessandro ed
Alberto si danno da fare. Per quando arriva la bufera siamo tutti
dentro, soddisfatti ma con il rimpianto di non aver goduto un bell'arrivo,
come l'edizione passata. Giusto, troppo bello per potersi
ripetere.
La bufera ha bloccato al rifugio anche Gugliemo, che sta girando
l'Appennino in bici+trekking, in totale autonomia con tanto di tenda
al seguito. Oggi si è arrampicato al Lago di Pilato ed ora in bici
dovrebbe rientrare a Castelluccio dove ha piazzato la tenda.
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Al calar della
sera noi siamo pronti per la cena (da sn. Paolo, Alessandro, Michela,
Roberto, Giulio, Carlo ed io dietro la macchina fatografica) mentre
Guglielmo sta scendendo dal valico, ora che la pioggia è quasi
cessata. Alberto è ritornato alla sua Corridonia con la promessa che
domani ci verrà incontro in bici per pedalare un po' con noi. Una
luce dorata ha illuminato per pochi minuti il fianco della montagna.
Rosso di sera bel tempo si spera. Ma, oro di sera... come sarà
domani?
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domenica 5 luglio |
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Se non è stato
possibile fotografare l'arrivo, eccoci schierati prima della partenza
dal rifugio che domina Forca di Presta, chiara allusione a come
l'abbiamo dominata anche noi.. E neppure questa è stata una foto
facile.
Un dolce sole mattutino aveva portato via una notte limpida e stellata
ed alle prime luci Giulio aveva cominciato a trafficare con la crema
solare per proteggere adeguatamente ogni centimetro scoperto. Abbiamo
deciso di alzarci prima per ammirare il paesaggio. Tempo di darsi una
"svegliata" e scendere e... dov'è il paesaggio? Dense
coltri di nubi lasciano appena intravedere qualche lembo di
montagna.Il Pianoro Grande è un abisso oscuro che si espande e risale
verso il valico. Comincia a piovere ed andiamo a far colazione. Si
mangia con l'occhio fisso alle finestre. Tuoni, fulmini e per un lungo
quarto d'ora sembra di guardare dall'interno di una cascata.
"Meglio, più scarica ora e meno ne rimarrà per
dopo".
Alessandro diagnostica diluvio per tutta la giornata ed offre un
passaggio agli autisti per raggiungere le proprio auto a Sarnano e
ritornare poi su a riprendere le bici e gli altri. "No, partiamo
appena passato il temporale". Alle 8:30 il temporale è passato, ma dal
Pianoro Grande sono in arrivo altre nubi nere come la pece.
Acceleriamo i preparativi e, all'arrivo delle prime gocce, siamo in
posa per la foto di cui sopra. Dalla staticità della posa alla
frenesia della partenza è solo un attimo. Si va!
Quelli che lungo il fianco di una montagna sono chilometri di strada,
in linea d'aria sono ben poca cosa, ma riusciamo a scendere senza
neppure bagnarci le scarpe. Il diluvio ci arriva addosso quando stiamo
risalendo verso Colle Galluccio.
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Valico Pescolle.
Arrivarci in salita dal lato opposto all'abituale mi fa una strano
effetto. Tutto sommato il diluvio è stato intenso ma breve,
relativamente breve.
Ci eravamo appena rifugiati appiattendoci come sogliole contro la
facciata di una casa abbandonata che offriva riparo solo perchè il
vento soffiava molto forte dal retro e l'acqua sotto la spinta del
vento cadeva obliqua senza bagnare il muro, quando è arrivata una
lunga balena grigia con gli occhi luminescenti. "Serve qualcosa?" e
Sant'Alberto da Corridonia protettore della Sibillinika è sceso dalla
macchina sotto un ombrello tanto grande quanto comunque inutile.
"Visto il tempo brutto ho pensato che forse avrei fatto meglio a
venirvi incontro in macchina". Che idea straordinaria! Forse con
l'aiuto di anche qualche altro santo siamo riusciti a farci entrare
tutti i bagagli, Roby, Giulio più le loro biciclette. Tanta ne veniva
giù che per documentare fotograficamente il miracolo sarebbe stata
necessaria una custodia subacquea con flash frangiflutti.
L'acqua comunque era tiepida e, noi rimasti a proseguire in bici, non
abbiamo patito un gran freddo durante la discesa da Colle Galluccio. A
Balzo, però, non abbiamo fatto la sosta prevista, meglio tenersi
in movimento. Molto meglio.
Tant'è che orami siamo quasi asciutti e, nonostante le nuvole basse,
cominciamo a sperare di averla "sfangata". La discesa di
Montemonaco, oggi fatta in salita, è sicuramente meno ripida di
quanto mi sarei aspettato, ma in risalita sembra molto molto più
lunga.
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Questa volta
siamo in anticipo... di una settimana e Montemonaco è vuota senza il ristoro della Sibillini!
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Ormai siamo
proprio asciutti (fondello a parte) e ci concediamo una sosta al bar. Con Paolo, che di
Sibillni ne ha fatte quasi quanto me, confrontiamo le impressioni sul
percorso invertito. Su una cosa siamo sicuramente concordi: è più
duro, non fosse altro che per la salita di Forca di Gualdo. Nonostante
il recupero notturno al rifugio ne abbiamo ancora le gambe
appesantite.
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Dalla terrazza
panoramica del bar diamo uno sguardo alla situazione. Grandi nuvole
bianche scivolano a bassa quota lungo il paesaggio, sfilacciandosi
sulle cime degli alberi. Sembrano innocue, ma di sole ne troveremo ben
poco. Speriamo almeno di rimanere asciutti!
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Carlo e Paolo
sono ormai impazienti. E' arrivato il momento tanto atteso: fare in
lunga e scorrevole discesa la sempre infinita salita
Montefortino-Montemonaco.
Ed è bella davvero. La bici vola sull'asfalto in ottime condizioni. A
parte nel doppio tornante che ben conosciamo, possiamo dimenticarci i
freni. Montefortino appare fra gli alberi all'improvviso a ricordarci
che le belle cose (come anche le brutte che però ci mettono di più)
finiscono sempre. In velocità oltrepassiamo la fontana che per anni
è stata sosta nostra obbligata sia alla Sibillini che alla Colli
Piceni, che pure transita in questo stesso tratto.Questa volta non
abbiamo alcun bisogno di rinfrescarci e fare scorta d'acqua.
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Ad Amandola la
strada riprende a salire. Ci aspetta la salita di Rustici. Come sarà
da questo lato? Dall'altro lato l'ho sempre odiata e più di una volta
mi ha fatto pensare "se non ce la faccio qui, come ci arrivo a
Forca di Presta?"
Tutto sommato non è male, più corta e meno ripida. Quasi in vetta
troviamo la balena grigia guidata da Sant'Alberto da Corridonia
protettore della Sibillinika. Giulio e Roby che intanto si sono
cambiati, scendono per incitarci. Non riesco a tirar fuori la macchina
fotografica che arriva la prima goccia. No!
Ed un altro scroscio ci investe in pieno. Beh, ora sappiamo chi attira
la pioggia!
Aspettavo tanto di gustarmi Rustici in discesa e non rinuncio. Quando
arrivo in fondo, senza aver mai toccato i freni praticamente
rallentato dal muro d'acqua, non so se ho nuotato o sono andato in
bici. ll fenomeno tanto violento quanto breve è finito, mi fermo ad
aspettare gli altri ed approfitto per dare una bella strizzata alla
maglietta. Non c'è sole, ma fa caldo.
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Sinceramente
avevo proprio dimenticato che per arrivare a Sarnano c'era ancora da
salire. Niente di impegnativo, che non ci rallenta più di tanto.
Ormai puntiamo ad arrivare all'Hotel La Marchigiana per pranzare tutti
insieme. Ed eccoci qui arrivati (foto di Alberto), noi in bici già
"docciati" per benino.
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Non c'à bisogno
di lavarsi ancora. Basta asciugarsi e cambiarsi, dalla testa ai piedi.
E' stata una Sibillinika direi "epica", dove fortuna e
sfortuna, piacere e disagi si sono strettamente intrecciati ed hanno
anche stretto in amicizia chi prima neppure si conosceva, Da ricordare
e raccontare. Già lo so che, al ripetersi del racconto, fra qualche
anno ci sarà anche Noè con la sua arca...
Ma per ora i protagonisti siamo noi. Da sn: Roby, Giulio, Alberto, Carlo e
Paolo (ed io alla fotocamera).
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Addendum.
Sant'Alberto da
Corridonia patrono della Sibillinika ci sorprende ancora, regalando a
Paolo la sua maglia nera del Marche Marathon. Ma non avremmo dovuto
essere noi ad esprimergli la nostra riconoscenza? Se continuerà a
comportarsi "bene" sarà probabilmente il primo senza fretta a ricevere la
maglia del Gruppo "honoris cause". Per ora, sono le 13:00,
si va tutti insieme e appassionatamente a
pranzo.
Pio dei Senza
Fretta |
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