Quasi-replica del coordinatore alla risposta di Elvezio
Pierandi alla Lettera aperta pubblicata su Ciclismo
 

   
Preg.mo Sig.Direttore,
ho letto la risposta del Sig. Elvezio Pierandi alla mia lettera aperta che avete cortesemente pubblicato nel numero di giugno e spero che mi sia concesso di ristabilire la verità dei fatti e formulare alcune considerazioni.
Per un percorso di km. 164 e m. 2702 di dislivello, quale appunto il Giro del Lazio, il sito internet del Master Tricolore evidenziava un tempo massimo "fino alle ore 18,30 (9 ore e 15 minuti alla media di 17,7 km/h)" ed esponeva una tabella di marcia per gli ultimi con arrivo alle ore 18,22. La tabella del Gruppo, rielaborata sui rilievi altochilometrici cortesemente fornitici dallo stesso Pierandi e pubblicata sul nostro sito (perciò pubblica e non personalissima), prevedeva l'arrivo alle ore 18,15, quindi un tempo complessivo di 9h alla media di 18,2 km/h. In realtà, partecipando sul lungo solo io ed Assuero di Roma (in genere più siamo numerosi più la velocità diminuisce perché ci adeguiamo al passo del più lento), siamo riusciti a farcela in 8h alla media di 19,9 km/h.
Abbiamo ridotto all'essenziale le soste ed all'ultimo ristoro posto a Capranica Prenestina, per fare più in fretta (sigh!) abbiamo mangiato solo metà panino con prosciutto (l'altra metà l'abbiamo data ad un cane randagio lì dappresso). Vedendo il cartello turistico del Santuario della Mentorella mi è scappata la battuta: "Visto che siamo in anticipo, facciamo una deviazione al Santuario?". Che tale battuta sia stata una mancanza di rispetto ai volontari lì presenti mi riesce molto difficile da capire. La nostra considerazione per tutti coloro che fanno servizio sulla strada per tante ore e sotto qualsiasi tempo è altissima e non dimentichiamo mai di ringraziarli e scambiare con loro qualche battuta di reciproco "sostegno". Quando è possibile li inseriamo nelle nostre foto per render loro riconoscimento con la pubblicazione nel nostro sito. Non è forse la frequente arroganza di chi passa prima di noi, pressato a pedalare sul limite delle proprie possibilità, ad offenderli? 
Ma, tornando al Giro del Lazio, che il tempo massimo fino alle ore 18,30 non fosse una cosa seria l'ho scoperto soltanto il sabato sera quando, al ritiro del pacco gara, Pierandi mi ha preso in disparte ed invitato a non fare il giro lungo perché  (per motivi di permessi) non poteva lasciar su il traguardo e la postazione d'arrivo oltre le ore 17.00. Nessuna notizia ne era stata data in internet dove ancora fa bella mostra il regolamento iniziale. Ho spiegato ad Elvezio che "dovevo" fare il lungo perché rappresentava per me (impossibilitato ad andare in bici durante la settimana) una ulteriore tappa di progressivo allenamento per i 200 km. di Cesenatico. Gli ho anche chiesto: "Ma sei proprio sicuro che a nessun altro servirà il tempo massimo che hai stabilito?".  Era sicuro ed aveva ragione lui, infatti, pur andando forte, ci siamo ritrovati comunque ultimi. Per dire tutta la verità, quando nei pressi di Carchitti abbiamo raggiunto Autiello Patrizio abbiamo subito frenato il nostro slancio e lo abbiamo aspettato sulle salite successive (sotto la pioggia!). Non potevamo certo immaginare che lungo la discesa, in un momento di esitazione per un semaforo rosso, avremmo perso il contatto e Patrizio, per nulla interessato a stare con noi, avrebbe proseguito sulla scia dell'auto "apripista" della protezione civile fiondandosi sull'arrivo. Aggiungiamoci poi uno sbaglio di percorso sull'ultimo incrocio privo di cartelli ed ecco perché siamo arrivati cinque minuti dopo di lui. Per dirla tutta, strada facendo si era aggregato con noi (adattandosi al nostro passo) un altro ciclistica, Giuseppe di Viterbo; non risulta in classifica perché ci ha aspettato dopo il semaforo e giungendo con noi ha trovato il cronometraggio già smobilitato. Deluso e senza alzare la voce, se ne è tornato subito a casa.
Diversamente, alla Nove Colli, a cui ho partecipato con  altri del Gruppo, abbiamo impiegato pressoché tutto il tempo massimo disponibile, ma qualche altro ciclista che è arrivato ben dopo di noi  è stato regolarmente classificato. Allora, perché a Cesenatico impiegare 12 ore e più (sono 208 km. con dislivello 3200 m.) è comunque un successo e nessuno si sogna di contestarti le soste che ti sei concesso e le foto che hai scattato, mentre a Frattocchie occorre essere dei "corridori" altrimenti i volontari si straniscono?    
Riguardo, infine, all'accusa di protagonismo questa è storia vecchia e colpisce sempre chi con  passione si espone per  farsi promotore di qualcosa in cui crede. Il ridicolo è che proprio al Giro del Lazio ho evitato di mettere la tartaruga di peluche sul casco e rinunciato alla macchina fotografica. Forse Elvezio Pierandi nel prendere contatti con il Gruppo pensava di acquisire per le sue manifestazioni  una gran bel numero di ciclisti, invece siamo soltanto una cinquantina dispersi in tutta Italia per cui difficilmente riusciamo a ritrovarci più numerosi delle dita di una mano. Infatti, sul corto hanno partecipato Carlo di Canino (VT),  Giovanni di Roma, Carlo di Roma e sono stati testimoni di come il pasta party abbia chiuso presto i battenti, ma debbo anche riconoscere che (per tacitarmi?) mi è stata offerta una birra extra.
Perciò, scusate se siamo pochi e se cerchiamo di gustarci le gran fondo fino all'ultimo minuto concesso dal regolamento; andare in bici ci piace al punto da starci sopra quanto più possibile. Abbiamo il massimo rispetto dei limiti stabiliti dagli organizzatori e le nostre tabelle ci servono come riferimento per non superarli. Le pubblichiamo sul sito per dare un'idea dell'impegno richiesto e stimolare altri a partecipare. Ci risulta che qualcuno le abbia persino usate per essere sicuro di non subire la "vergogna" di arrivare ultimo. Non si tratta di divertirsi a ritardare fino al limite ultimo l'arrivo per far parlare di sé, si tratta di dosare le proprie forze per arrivare senza raggiungere quel limite fisico che ha fatto dire a tanti: "Basta con le Gran Fondo!". I ritirati sul furgone scopa, se avessero tenuto un ritmo meno sostenuto sin dalla partenza, avrebbero potuto farcela! Le gran fondo non devono essere una battaglia dove alla fine non si contano i "morti". Devono essere una grande festa sportiva aperta a tutti, dove ognuno possa vivere la bicicletta come più la sente nel suo animo sportivo e trovare la compagnia giusta con cui condividerne il piacere. Chi pedala sa bene come il confine fra la sofferenza ed il piacere sia spesso molto sottile e può essere proprio quell'andatura più tranquilla che ci concediamo a far la differenza. Tutti dovrebbero aver la possibilità di arrivare al traguardo con una gran voglia di partecipare alla gran fondo della domenica successiva, non esausti. Questo è il segreto per incrementare la partecipazione di chi in bici va per diletto e non per semi-professione. Non bisogna andare molto lontano da Roma per scoprire che ai Tre Passi Umbri di Spoleto fanno l'impossibile per non far ritirare nessuno. Un tempo massimo attorno ai 18 km/h  può andar bene (in dipendenza delle difficoltà altimetriche da superare) se può essere realmente utilizzato! Se sostenere questo rende protagonisti, meglio. Facciamo sentire le nostre voci. In questo protagonismo c'è spazio per tutti.

Pio Renato Sbaffo, coordinatore del Gruppo dei Senza Fretta
sito internet http://www.senzafretta.org
 

 
Il coordinatore, nell'informare Pierandi della quasi-replica
inviata alla rivista, ha aggiunto qualcos'altro, inviandolo
per conoscenza anche a Tonino Scarpitti, presidente della
Assofondo ed organizzatore della GF della Costa Smeralda.
    

   
      Ciao Elvezio (e ciao Tonino che mi leggi in copia),
dopo aver inviato a Ciclismo una serie di precisazioni riguardo i fatti inerenti a quanto ci siamo già scritti, ho continuato a rimuginare sul "limite fisico" e sulla "colpa", che hai tirato in ballo nella frase "... che qualcuno si diverta a ritardare fino al limite ultimo il suo arrivo, non già perchè quello è il suo limite fisico, in questo caso non ci sarebbe nessuna colpa e per questo siamo tutti pronti a farci in quattro, ma perchè così qualcuno parlerà non noi."

Concedimi un po' di teatralità.
Limite fisico... Limite fisico...
Nessuna colpa... Nessuna colpa...
"Pio, sei colpevole di arrivare allo scadere del tempo massimo vivo e sorridente al traguardo!", "Pio, sei colpevole di non andare al massimo delle tue possibilità!":, "Pio, sei colpevole di farlo per far parlare di te, o del Gruppo, tanto è lo stesso!".
Limite fisico... Limite fisico...
Qual'è il limite fisico di un quasi cinquantenne responsabile amministrativo che sta al computer 8 ore al giorno, poi altre 4 le passa al computer di casa (per gestire con tutta fretta un Gruppo Senza Fretta), si e no riesce ad andare una volta alla settimana in ufficio in bici, ma pedala ogni domenica alle gran fondo? Qual'è il limite fisico per riuscire poi a sobbarcarsi  anche un viaggio di 300 km. in auto (mica in bici) per tornare a casa e la mattina dopo andare puntuale, pronto e efficiente in ufficio?
Io non lo so. Tu lo sai già? O per riconoscerlo avresti bisogno di veder arrivare uno zombi, piegato su se stesso nello sforzo e nella sofferenza,  vederlo rotolare giù dalla bici dopo aver varcato il traguardo sibilando: "ce l'ho fatta! MA NON LO FARO' PIU'".
Questo è quello che vuoi, che quel "ce l'ho fatta" sia la frase ultima e liberatoria di un martirio che ci si è imposti?
Limite fisico... Limite fisico...
Vogliamo chiamarlo: esaurimento delle forze!
Quanti, dopo aver varcato il traguardo in simili condizioni, sarebbero pronti a riprovarci alla gran fondo della domenica seguente? Pedalare fino all'esaurimento delle proprie forze quanto può far bene alla salute? E se le forze si esaurissero non sulla linea d'arrivo, ma prima? O bella, c'è il carro-scopa, che diamine!
Fine della teatralità.

Hai parlato con i ritirati nel carro scopa del Giro del Lazio? Ti sei interessato sul perchè si sono ritirati? Li hai anche solo guardati in faccia? Ebbene, stavano molto meglio di me. Si sono ritirati perchè incapaci di mantenere il ritmo sostenuto con cui avevano iniziato. Ad essere più precisi la mia impressione è stata quella di un nuovo stile ciclistico, che dovrebbe essere la gioia degli organizzatori. In sintesi: salite sul carro-scopa, discese ed arrivo in bici. Una reinterpretazione della formula auto+bici. Però poi è piovuto e non se la sono sentita di scendere sotto l'acqua. Invece avrebbero potuto rallentare ed arrivare ugualmente, ma forse (conoscendo meglio l'ambiente) sapevano che rallentare non sarebbe stato consono al contesto sportivo della manifestazione. Eppure c'era un tempo massimo persino inferiore a 18 km/h (uno dei pochi e NON ABITUALE nelle lunghe del Master di quest'anno)! Una presa in giro che fa ancora bella mostra di sè nel sito Internet, non so se per impossibilità di modificare un regolamento depositato o per continuare il bluff.
Per pigrizia o sbadataggine? Non ci credo, sei fin troppo efficiente!
Però qualcosa ti è sfuggito. Ti è sfuggito che all'incontro di Castelgandolfo ti ho lasciato un documento (erroneamente indirizzato all'Assofondo), ma so di avertelo lasciato. Da quell'epoca (6 novembre 1999) e tuttora è pubblicato integralmente sul nostro sito alla pagina http://www.senzafretta.org/gruppo/a1999/ba99106.htm Puoi consultarlo. Faresti bene a rileggerlo quasi tutto, ma intanto leggiamo insieme solo la prima frase, quella introduttiva: "Questo documento raccoglie le osservazioni ed i suggerimenti proposti dagli ultimi, ultimi non per incapacità ad andare più forte, ma per scelta di vita ... ciclistica, naturalmente."
Chiaro, semplice e scritto già due anni fa. Ribadito in diverse situazioni, circostanze e su scritti pubblicati sulle riviste di settore che leggi abitualmente. Vedi, ad esempio, Cicloturismo dicembre 1999 pag.8, dicembre 2000 pag.80 e marzo 2001 pag.4. Il concetto, esposto sotto varie sfaccettature, è sempre lo stesso: pedalare limitando la sofferenza all'indispensabile, partecipare per il  piacere di conoscere gente, posti nuovi e fare una sana attività fisica. E non è normale cercare di far durare un piacere più a lungo possibile?

Mi spiace molto, caro Elvezio. Dici che nulla è cambiato, ma non ti riconosco più. Sembra proprio che tu abbia dimenticato tutto di me, di quello che ci siamo detti e scritto.
Perciò ti chiarisco una volta per tutte che per me la bici non è niente di competivo, ma è una attività fisica anti-stress, un modo di conquistare grandi spazi alla domenica contro le ristrette mura domestiche e d'ufficio di tutti i giorni. E' perciò mia convinzione che nelle manifestazioni ad andatura libera, quale appunto sono le gran fondo, ENTRO IL TEMPO MASSIMO STABILITO SIA A TOTALE DISCREZIONE DEI CICLISTI SEGLIERE L'ANDATURA AD ESSI PIU' CONGENIALE e che, nel pieno rispetto dell'organizzazione e dei volontari, riconosco LA CORRETTEZZA DI SOSPENDERE OGNI SERVIZIO APPENA SCADUTO IL TEMPO MASSIMO (anche in proiezione sul prevedibile arrivo) se per qualsiasi motivo, ANCHE FISICO, non sia riuscito a raggiungere il traguardo ed ABBIA RIFIUTATO DI SALIRE SUL CARRO SCOPA. E' però dovere degli organizzatori INFORMARE I VOLONTARI DEL TEMPO MASSIMO STABILITO e, possibilmente, DEI TEMPI DI PREVEDIBILE PASSAGGIO DEGLI ULTIMI.
Sei sicuro di averlo fatto con i tuoi? Con tutti?
Le tabelle che io faccio servono pure per avere la proiezione se il prevedibile arrivo sarà o no entro il tempo massimo. Sono pubblicate. Ne porto con me qualche copia in più per distribuirle a chi fa servizio. Alla luce del sole. Altro che personalissime!
Noi come Gruppo scegliamo l'andatura più tranquilla possibile e cerchiamo sempre di stabilire un rapporto di cordiale partecipazione con chi fa servizio.
Arriviamo ad invitarli a fermarsi e riposarsi, a raggiungerci con calma, ad andare di tanto in tanto più avanti per assistere chi ci precede. Qualche volta si riesce a brindare anche insieme all'arrivo! Altro che mancanza di rispetto!

Alla GF della Costa Smeralda, la gran fondo più bella del mondo per davvero, siamo arrivati fuori tempo massimo (qualche volta nonostante la tabella ci succede anche questo!), ma l'organizzazione è stata così generosa da assisterci ugualmente, tenere conto del nostro arrivo, farci trovare il pasta-party e nessuno (dico nessuno) si è lamentato o ci ha rinfacciato il nostro ritardo o la sosta che abbiamo fatto a Calangianus. Una sosta un po' abbondante, ma che ha ampiamente ripagato dell'attesa i volontari del ristoro e persino i carabinieri che hanno protetto il nostro procedere a zig-zag (vergognoso?) sulla salita più ripida. Mi rammarico di non aver ancora avuto il tempo di pubblicare la foto, ma lo farò. Massimo Ulivieri (maglia nera del Giro) ha ammesso che se non avesse rallentato per aspettare noi, non sarebbe arrivato così fresco sulla rampa più dura e l'avrebbe fatta a piedi come negli anni passati. La sua soddisfazione è stata immensa ed ha fatto tesoro di questa esperienza nelle gran fondo successive. La sua media è un po' scesa, ma s'arrampica ovunque. Se ci fosse stata la sua reale vestizione in maglia nera nel salone delle premiazione sarebbe stato il massimo, ma nessuno di noi si è sentito in diritto di pretendere questo. Avevamo già ricevuto assai di più. (Grazie Tonino, che spero mi stai ancora leggendo in copia)

Le gran fondo devono essere meno competizione e più festa. Ogni partecipante devi sentirsi parte della festa. E' ridicolo pensare che più avanti vanno forte e più tutti debbono andare più forte. Voi organizzatori siete chiamati a fare delle scelte. O mettere in piedi manifestazioni poliedriche che riescano a gestire una corsa di professionisti davanti, di amatori più dietro ed un raduno cicloturistico ad andatura libera in fondo o cacciare qualcuno. Decidete voi chi cacciare, ma con chiarezza e serietà. Serietà è anche intervenire sulla stampa e pretendere resoconti che parlino dell'intera manifestazione, non solo dei primi. La stampa dovrebbe invece promuovere queste idee (non nuove, ma certamente dimenticate o stravolte):
- si può andare sportivamente a spasso anche su percorsi impegnativi;
- per partecipare non è necessario essere competitivi, ma preparati quanto basta per agevoli medie e molte ore di sella;
- è possibile trovare ed aggregarsi in gruppi tenuti insieme dall’idea di aiutarsi a farcela.
Questi gruppi possono non avere alcuna identità particolare, oppure precostituirsi come il Gruppo dei Senza Fretta, aperto a chiunque voglia provare (anche solo per una volta) la bellezza di andare in bici sorridendo e senza inutili affanni.

Perciò, se tornerò al Giro del Lazio dipenderà dal tempo massimo che regolamenterai. Un regolamento è una pattuizione. Nell'edizione 2001 il vero rispetto che è mancato alla fin fine è stato uno solo: il rispetto dei patti.
Tutto qui, ma non è poco.
Stammi bene,
Pio dei Senza Fretta
   

 
Nelle successive lettere fra il coordinatore e Pierandi si
è "riaperto il dialogo", ma i principi sopra esposti restano
punti fermi sui quali non è proprio possibile transigere.   
                                      
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